E’ un appello per la vita quello che tre delle più autorevoli organizzazioni mediche in Australia stanno facendo al governo federale del nuovo continente, urgono nuove misure di aiuto per fermare il fenomeno che riguarda i suicidi della comunità aborigena.
I preoccupanti numeri sono citati nel dettaglio nel rapporto del coroner del Western Australia sui suicidi di minori, che riporta 35 suicidi di indigeni australiani dall’inizio dell’anno, tre dei quali avevano appena 12 anni.
In un comunicato congiunto l’Australasian College of Physicians, l’Australian and New Zealand College of Psychiatrists e il National Aboriginal Health Organization chiedono “un investimento immediato in servizi di salute mentale controllati da enti aborigeni, necessari per fermare le morti di giovanissimi“. “Chiediamo al governo di implementare una risposta coordinata alla crisi per rafforzare urgentemente tali servizi prima che altre giovani vite siano tragicamente perdute“, e si aggiunge “I servizi aborigeni di sanità hanno bisogno di poter impiegare psicologi, psichiatri, patologi del linguaggio, operatori di salute mentale e altri professionisti“.
Al governo si chiede anche di rispondere al recente rapporto sui suicidi giovanili condotto dal coroner del Western Australia Ros Fogliani. Il rapporto di ben 372 pagine ha indagato sulle morti di 13 persone di eta’ fra 10 e 24 anni, morti nella regione di Kimberley nel nordovest del continente, tra il 2012 e il 2016.
Quello che si evince dal rapporto Fogliani è che le morti “profondamente tragiche” sono gli effetti di traumi intergenerazionali e dovute alla povertà in intere comunità, difatti quasi tutti i suicidi erano di persone che vivevano sotto la soglia di povertà.