Il diabete è una patologia che necessita di maggiore attenzione: anzitutto per i numeri, dato che colpisce circa il 6% della popolazione italiana a cui si aggiunge un altro 2% circa di sommerso; inoltre, i cambiamenti connessi all’evoluzione della medicina e i mutamenti della società che si riflettono sullo stile di vita e sulle caratteristiche della popolazione inducono a nuove riflessioni.
Una due giorni fitta di impegni e spunti sulla materia si tiene oggi e domani presso l’Hotel Monaco & Gran Canal a Venezia con il convegno “Le gliflozine nel diabete mellito: una visione sul presente e oltre gli attuali paradigmi di cura“, organizzato con il contributo non condizionato di Mundipharma.
La questione centrale del convegno di Venezia verte per la prima volta in Italia sul legame tra diabete, invecchiamento e patologie neurodegenerative, tumorali, autoimmuni. Sebbene si sviluppino con diverse sfaccettature, queste malattie hanno un’origine comune e sono tutte assimilabili alla categoria delle malattie croniche.
Per la medicina parlare di malattia “cronica” è una sconfitta, perché qualcosa di cronico non può mutare nel tempo: per questo la lotta al diabete e alle patologie ad esso connesse costituisce una sfida così importante.
“In Italia ci sono circa 4,5 milioni di pazienti diabetici, di cui circa il 15% ha una qualche forma di cardiopatia” spiega il prof. Angelo Avogaro, Professore Ordinario di endocrinologia e malattie del metabolismo all’Università di Padova.
“I nuovi farmaci riducono molto la mortalità di questi pazienti: è il caso, ad esempio, degli inibitori del riassorbimento renale del glucosio o degli antagonisti del recettore del GLP1. Questi nuovi farmaci hanno anche il vantaggio di non mandare in ipoglicemia il paziente. Il dibattito oggi è incentrato su quale sia la fase giusta in cui utilizzare questi nuovi farmaci, se già nelle fasi precoci della malattia o solo in una fase avanzata. Visto l’elevato numero di pazienti con complicanze cardiovascolari, probabilmente sarà utile farne un utilizzo immediato”.
Il limite ancora oggi significativo è che in Italia oltre la metà dei diabetici vengono trattati con farmaci vecchi. I nuovi farmaci infatti sono soggetti al piano terapeutico e sono prescrivibili sono dagli specialisti di diabetologia.
“Il diabete nella città di Pavia ha una prevalenza molto elevata, soprattutto in virtù del fatto che questa città ha una cospicua presenza di anziani, su cui il diabete incide molto” afferma il prof. Bruno Solerte.
“La struttura complessa dell’Ospedale di Pavia si propone dunque di implementare queste nuove molecole nel più alto numero di soggetti possibili, proseguendo una collaborazione già in atto con le altre principali città della regione”. In Veneto ci sono circa 350mila diabetici: di questi, circa 35-40mila persone hanno anche problemi di cuore connessi alla patologia diabetica. Il problema è dunque di primo piano, ma questa regione rappresenta una delle più avanzate nel panorama italiano.
“Attraverso questo approccio il tentativo degli specialisti è quello di aprire importanti prospettive epidemiologiche sul contenimento e anche sulla riduzione del numero dei soggetti diabetici nel mondo. In questa prospettiva, il punto di partenza sarà quello di valutare attentamente ed analiticamente il nuovo contesto terapeutico del diabete di tipo 2, in virtù dei nuovi standard di cura e delle raccomandazioni delle società scientifiche nazionali ed internazionali. Il nostro impegno è l’attenzione nei riguardi di specialisti e pazienti è assoluto e prioritario e il trattamento con farmaci innovativi deve avvenire in tempi assai rapidi per il paziente guardando con fiducia a questa nuova classe di farmaci” – sottolinea Sergio Cori Market Access Director di Mundipharma Pharmaceuticals.
Tutti gli aspetti saranno infine supportati dalla presentazione di casi clinici, inerenti le ricadute positive del trattamento con gliflozine nel diabete mellito con elevato rischio cardiovascolare, analizzando anche nuovi indicatori clinici da introdurre nella gestione clinica dei pazienti.