La Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day) è una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite e prevista all’interno delle direttive dell’agenda 21, risultato della conferenza di Rio. Il 22 marzo in tantissimi luoghi del Pianeta attraverso convegni, eventi, seminari si accendono i riflettori sull’oro blu per porre all’attenzione di tutti e a ogni livello di responsabilità la necessità del razionale utilizzo della risorsa naturale indispensabile alla vita e più preziosa del Pianeta.
“Una necessità poco o per niente avvertita sia dalle classi dirigenti del Bel Paese sia da quelle che governano una regione come la Calabria con grande disponibilità d’acqua potabile e non, con la più alta biodiversità, con 716 chilometri di coste bagnate da due mari e con uno dei territori maggiormente esposti ai rischi idrogeologici,” spiega il Geologo Mario Pileggi del Consiglio nazionale “Amici della Terra”.
“A differenza di altre realtà territoriali, in Calabria anche per la ricorrenza del 2019 si è persa l’occasione di accendere i riflettori sul proprio oro blu e:
– per informare e educare i cittadini ad essere soggetti attivi nel processo di gestione delle risorse idriche e di tutela dell’ambiente;
– per assicurare il riconoscimento generale dell’acqua come elemento prezioso e vitale da rispettare attraverso un uso sostenibile;
– per promuovere la conoscenza dell’acqua come fattore essenziale per l’agricoltura e per una sana alimentazione; per far conoscere e valorizzare la preziosità di suoli e acque che alimentano la grande varietà di vegetali e animali e anche di quei preziosi prodotti enogastronomici considerati dal New York Times per inserire la Calabria tra i luoghi meritevoli di essere visitati. Paradossalmente, nella Regione che può vantare le fonti più esclusive ed il massimo della qualità, si continua ad ignorare o a sottovalutare la tendenza in atto e sempre più diffusa nei locali di ristoro di presentare con la carta dei vini anche la Carta delle Acque.
I riflettori spenti impediscono a tanti calabresi di conoscere e tutelare l’eccellente qualità delle acque e dei suoli dei propri territori. Acque tra le migliori d’Europa sempre più appetibili fuori della Calabria, e suoli distrutti o non adeguatamente difesi per l’abbondano delle zone collinari e montane e per la cementificazione di quelle di pianura.”
Occasione mancata, prosegue l’esperto, “per ricordare che la grande disponibilità e abbondanza d’acqua nella Regione ha sempre influenzato, nel bene e nel male, la vita e le condizioni socio-economiche delle popolazioni presenti da millenni nella Calabria. E, anche per attivare le iniziative necessarie per la tutela e valorizzazione delle preziose sorgenti censite nelle cinque province calabresi.
Riflettori spenti sulle 4.598 sorgenti con portate superiore a un litro al secondo e sulle 14.744 con portata superiore a sessanta litri al minuto con una disponibilità complessiva di 43.243 litri al secondo (un miliardo e trecento milioni di metri cubi). Oltre che sulle altre 10.442 sorgenti con portata inferiore a 6 litri al minuto.
Restano nell’ombra anche le 211 sorgenti con acque calde e le 5 termali con temperatura superiore a 30° C.
Occasione mancata per individuare cause e rimedi al fatto che la quantità d’acqua erogata in Calabria risulta quasi la metà di quella prelevata. Com’è noto il volume complessivo di acqua prelevata per uso potabile è di 421.992 milioni di metri cubi. In particolare la quantità d’acqua prelevata da sorgenti è di 194.311 milioni di metri cubi mentre la quantità prelevata da pozzo è di 170.930 milioni di metri cubi. Il prelievo dai corsi d’acqua superficiali è di 46.723 milioni di metri cubi e quello dai laghi e bacini artificiali è di 10.027 milioni di metri cubi.
Va ribadito che circa cento milioni di metri cubi dell’acqua prelevata mancano al volume dell’acqua immessa nelle reti che è pari a 327.622 milioni di metri cubi. E che la perdita delle reti pari al 35,4%. Quindi si arriva ad una quantità di acqua erogata pari a 211.612 milioni di metri cubi, quasi la metà dei 421.992 milioni di metri cubi prelevati.”
Ma c’è di più, prosegue Pileggi: “Mentre la Calabria è la regione con la più ampia disponibilità delle migliori acque potabili d’Europa i calabresi non si fidano dell’acqua che arriva nei rubinetti delle loro case. Paradossalmente, con il 49,4% della popolazione, la Calabria è la seconda regione d’Italia, dopo la Sardegna, a non aver fiducia a bere acqua di rubinetto.
In pratica, secondo i dati del 2015 resi noti dall’ISTAT per la ricorrenza della giornata mondiale dell’acqua, la metà della popolazione calabrese non si fida della qualità dell’acqua erogata nelle abitazioni. E il 37,7 % dei cittadini ritiene irregolare l’erogazione dell’acqua nelle abitazioni.
D’altra parte, in moltissimi comuni ricchissimi d’acqua di ottima qualità, le norme nazionali e le direttive europee “in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall’inquinamento” tardano ad essere applicate.
La mancata raccolta e l’irrazionale utilizzazione delle acque delle preziose sorgenti e dei torrenti, oltre a limitare lo sviluppo e a creare disagi nelle popolazioni, accentuano i ben noti processi di degrado e dissesto idrogeologico del territorio collinare e montano. E così, invece di ricchezza e benessere, la grande disponibilità d’acqua, finisce per alimentare dissesti e frane sui rilievi collinari, alluvioni in pianura ed erosione costiera con gravi rischi anche per le popolazioni.
Rischi e dissesti che, in molti centri abitati collinari e montani, sono incrementati dall’azione lubrificante nel sottosuolo della troppa acqua persa dalle reti idriche fatiscenti. D’altra parte nelle zone di pianura costiera l’irrazionale emungimento operato attraverso migliaia di trivellazioni, non compatibile con i tempi di ricarica, sta riducendo le falde idriche con conseguente ed irreversibile avanzamento delle acque salmastre. E il costipamento delle rocce serbatoio, con il ben noto abbassamento del suolo al quale sono connessi i fenomeni di deperimento della copertura vegetale e l’arretramento dei litorali con l’invasione del mare.”
L’aggravamento dei processi di degrado e depauperamento della risorsa acqua “sono delineati nei vari scenari del cambiamento climatico in atto. Si prevede una riduzione delle precipitazioni del 10% in inverno e del 3 % in estate. Il deficit idrico stimato per fine secolo è dell’ordine di centinaia di milioni di metri cubi per le falde idriche di alcune regioni. E con effetti rilevanti anche sull’agricoltura. In particolare in Calabria si è rilevato l’aumento sia di periodi di siccità idrologica sia di precipitazioni brevi e intense e, quindi, una maggiore frequenza di alluvioni e piene straordinarie.
Riflettori spenti anche su questi temi e sulla necessità di predisporre i piani comunali di emergenza e le strategie da adottare per la mitigazione del rischio sia in fase preventiva, sia in tempi di normalità, sia in fase di emergenza idraulico-geologica. Piani da predisporre secondo le dettagliate Direttive Regionali per la protezione delle popolazioni locali dal rischio idraulico-geologico.
Resta oscurata anche la prima iniziativa popolare a livello europeo denominata “Right2Water” con la raccolta 1,8 milioni di firme a sostegno di un migliore accesso all’acqua potabile per tutti i cittadini europei.
Iniziativa che ha stimolato la Commissione europea all’aggiornamento della direttiva e delle norme sull’acqua potabile.”
Per migliorare la qualità dell’acqua potabile e agevolare l’accesso dei cittadini consumatori, con le nuove norme, “i fornitori dovranno comunicare loro informazioni più chiare sul consumo idrico, sulla struttura dei costi e sul prezzo al litro per consentire un confronto con il prezzo dell’acqua in bottiglia. E questo anche allo scopo di raggiungere sia l’obiettivo ambientale di ridurre l’uso superfluo della plastica sia gli obiettivi di sviluppo sostenibile per tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini.
Con le nuove norme europee gli Stati membri saranno obbligati a migliorare l’accesso all’acqua potabile per tutti i cittadini e in particolare per i gruppi più vulnerabili e marginali che, attualmente, hanno difficoltà ad accedervi. In pratica, ciò significa creare attrezzature per l’accesso all’acqua potabile in spazi pubblici, lanciare campagne per informare i cittadini circa la qualità dell’acqua a loro accessibile e incoraggiare le amministrazioni e gli edifici pubblici a fornire accesso all’acqua potabile.
Inoltre si consentirà al pubblico di accedere, anche online, con facilità e semplicità a informazioni circa la qualità e l’approvvigionamento di acqua potabile nella zona in cui vivono, aumentandone la fiducia nei confronti dell’acqua di rubinetto. In base alle stime, le nuove misure dovrebbero ridurre i potenziali rischi per la salute connessi all’acqua potabile dal 4% a meno dell’1%. D’altra parte la riduzione del consumo di acqua in bottiglia può inoltre aiutare le famiglie in Europa a risparmiare più di 600 milioni di euro l’anno. Con la maggiore fiducia nell’acqua di rubinetto, i cittadini possono contribuire a ridurre i rifiuti di plastica provenienti dalle acque in bottiglia, compresi i rifiuti marini. Le bottiglie di plastica sono uno dei più comuni prodotti in plastica monouso rinvenuti sulle spiagge europee.
Una migliore gestione dell’acqua potabile da parte degli Stati membri, conclude Pileggi, “scongiurerà perdite d’acqua evitabili e contribuirà a diminuire l’impronta di CO2. E, quindi, apporterà un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi 2030 di sviluppo sostenibile e degli obiettivi dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.“