In Italia risultano meno adulti obesi degli altri Paesi europei: il 10,7% esaminando il periodo tra il 2014 al 2017, statistica peraltro già in aumento dello 0,5% rispetto al tre anni precedenti.
Ma il dato sarebbe calcolato al ribasso perché alcune analisi sono condotte tramite autodichiarazioni dei cittadini stessi, che avrebbero nascosto qualche chilo in più.
“E’ un dato che apparentemente ci conforta ma è sottostimato – spiega dando visione dei numeri – Le fonti disponibili sono differenti e differente è la metodologia di rilevazione“.
Queste le dichiarazioni di Daniela D’Angela, ricercatrice del Consorzio per la ricerca economica applicata in sanità, nel corso dell’incontro “L’Obesità, una malattia da prevenire e curare” organizzato in Senato. La discordanza è netta, se da una parte ci sono le analisi dell’ISTAT che fanno emergere come ci sia il 10% degli italiani che dichiarerebbe la propria obesità (dati ISTAT e ISS), dall’altra il progetto SISSI e la rivista scientifica Lancet con le sue analisi arriva al 20%.
La ricercatrice prosegue dicendo: “c’è un importante gap tra Sud e Nord. C’e’ un 42% di persone sovrappeso e obese in Italia e si va dal 33% di Toscana e Provincia autonoma di Bolzano al 52% della Campania“.
Un’altra stima è quella dell’OCSE, l’Organizzazione per la coesione e lo sviluppo economico, secondo cui è previsto un aumento nell’ordine del 3% della popolazione italiana affetta da obesità: una situazione peggiore della Corea del Sud ma migliore di Svizzera, Francia, Canada, Inghilterra, Stati Uniti d’America.
Secondo una serie di studi presentati nel convegno dalla stessa D’Angela, l’aspettativa di vita di un maschio giovane ma gravemente obeso scenderebbe del 22%. La stima dell’OMS attribuisce ai fenomeni di sovrappeso e obesità la responsabilità di una perdita compresa tra l’8% e il 15% degli anni di vita in Europa e negli Stati Uniti.
La ricerca si sposta anche verso il calcolo della spesa economica, dal Regno Unito emerge come nel solo 2006 i costi diretti del sovrappeso e dell’obesità ammontavano a circa 3,23 miliardi di sterline (pari al 5% della spesa totale del sistema sanitario inglese). Sempre nello stesso scenario, uno studio italiano dell’Università di Tor Vergata del 2014 ha fatto invece notare come, al netto della spesa ospedaliera, che l’aggravio di costi rispetto ai normopeso è: del 4% per i sovrappeso, del 18% per gli obesi, del 40% per i gravemente obesi sino ad arrivare al 51% per i molto gravemente obesi.