Un consorzio internazionale, di cui fa parte l’ospedale Burlo Garofolo di Trieste, ha individuato 24 nuove varianti geniche collegate alla distribuzione addominale del tessuto adiposo e alla regolazione di fattori coinvolti nel controllo di questa distribuzione e del metabolismo dei lipidi in generale: il dato che si ricava calcolando il rapporto tra circonferenza vita e circonferenza fianchi, il cosiddetto WHR, risulta un fattore critico, predittivo di rischio cardiovascolare.
La ricerca è stata pubblicata dalla rivista Nature Genetics.
“Il valore di questa ricerca deriva dal grande numero di campioni esaminati, ma anche dalla eterogeneità degli stessi campioni, che sono rappresentativi dei principali fenotipi umani“, spiega Paolo Gasparini, genetista medico del Burlo Garofolo e dell’Università di Trieste che ha preso parte al lavoro.
Il fenotipo è l’aspetto esteriore di un individuo, che deriva da quel che è racchiuso nel suo DNA. Lo studio – il più ampio effettuato fino a questo momento – ha preso in esame più di 476 mila individui europei, asiatici, africani e latino americani, e scoperto varianti geniche significative che, se presenti, aumentano il rischio di sviluppare disturbi metabolici e cardiovascolari.
L’indagine ha selezionato campioni di DNA appartenenti ad individui in cui la distribuzione addominale del grasso corporeo era correlato a disturbi metabolici o cardiovascolari.
In seguito è stato effettuato uno screening dell’intero genoma per verificare eventuali associazioni significative tra nuove varianti geniche e particolari fenotipi.
“Lo studio ha confermato che per 15 varianti geniche più comuni e 9 varianti più rare (in totale 24), c’è un’associazione significativa tra quella data variante genica e la distribuzione del grasso corporeo addominale“, spiega Gasparini. “Per 19 di tali varianti sono state osservate anche importanti differenze di genere: per 16 di esse gli effetti delle variazioni nel DNA erano più evidenti nel sesso femminile, mentre per tre nel sesso maschile“.
Queste scoperte vanno a supportare le differenze visibili e già note nella distribuzione del grasso corporeo fra uomo e donna, e rappresentano un importante punto di partenza per lo studio della prevalenza di malattie cardiometaboliche nei due sessi.
“I dati genetici ed epidemiologici raccolti“, aggiunge Gasparini, “danno una conferma scientifica a ciò che era stato osservato a occhio nudo, empiricamente: che l’adiposità localizzata nella regione addominale rappresenta un fattore di rischio per il diabete di tipo 2 e per le malattie cardiovascolari in genere, e che tale associazione coinvolge altri fattori importanti come la pressione sanguigna, la regolazione dei trigliceridi e dell’insulina“.
Lo studio è solo un punto di partenza. Il consorzio proseguirà le indagini per individuare i meccanismi molecolari che regolano la deposizione loco specifica e sesso specifica dell’adipe addominale, per capire in che modo i geni alterano il loro funzionamento e per trovare nuove informazioni che permettano di ridurre o eliminare i danni stessi dell’obesità.