Un anno fa moriva Stephen Hawking. All’età di 76 anni il geniale astrofisico, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, si spegneva definitivamente riuscendo però ad ottenere una grande vittoria: visse decine di anni in più di quanti gliene diedero i medici che lo visitarono appena maggiorenne. La sclerosi laterale amiotrofica, con la quale ha convissuto per gran parte della sua esistenza, non gli ha impedito di lavorare come docente e di svolgere i suoi studi su relatività, quantistica e cosmologia.
Il suo quoziente d’intelligenza era 160 o 165, lo stesso di Albert Einstein e Isaac Newton. Vincolato all’immobilità dagli anni ottanta a causa di una malattia del motoneurone, diagnosticatagli già nel 1963, ovvero una forma a lenta progressione di sclerosi laterale amiotrofica, Hawking poteva comunicare solo grazie ad un sintetizzatore vocale: in un corpo distorto dalla malattia risiedeva una mente estremamente brillante, affascinata dall’essenza dell’Universo, dal suo processo di formazione e dal modo in cui poteva finire.
Tra tutti i suoi geniali ‘aforismi’ uno di quelli più noti è: “Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle invece dei vostri piedi“. Prima di morire Stephen Hawking diede alla luce l’ultima delle sue opere divulgative che oggi può quasi essere considerata un “libro-testamento”. Nel testo pubblicato postumo, dal titolo Brief Answers to the Big Questions (Risposte brevi a domande serie), il fisico britannico teorizza un futuro prossimo nel quale superuomini in grado di azzerare i propri limiti biologici grazie all’ingegneria genetica, avranno la meglio sul resto della razza umana e saranno inoltre in grado di colonizzare lo spazio.
Hawking si sofferma sulla necessità di vigilare sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale, che “in futuro potrebbe sviluppare una propria volontà indipendente, in conflitto con la nostra”. Le armi intelligenti, secondo lo scienziato, hanno potenziali pericolosissimi e il loro sviluppo deve essere frenato, soprattutto alla luce di un possibile episodio come quello del flash crash, ovvero l’inaspettata e repentina spirale al ribasso causata da un ordine verosimilmente errato, che nel 2010 fece crollare l’indice Dow Jones e di conseguenza tutto il mondo finanziario.
Hawking, in tutta la sua lucidità e onestà intellettuale, ha precisato però che non è la malvagità ma la competenza dell’intelligenza artificiale ad essere potenzialmente pericolosa in un’ottica di sviluppo della stessa. “Un’AI super intelligente sarà estremamente brava a raggiungere i suoi obiettivi, e se questi non saranno allineati ai nostri, saremo nei guai. Probabilmente non siete degli odiatori di formiche che calpestano questi insetti per cattiveria, ma se siete responsabili di un progetto idroelettrico sostenibile e c’è un formicaio nella regione che dovete allagare, andrà a finire male per le formiche. Cerchiamo di non mettere l’umanità nella posizione delle formiche“.
Proseguendo di questo passo, secondo Hawking, potrebbero bastare circa mille anni perché la vita sulla Terra sia resa impossibile da una guerra nucleare o da calamità naturali dovute ai cambiamenti climatici e al riscaldamento globale. “Per allora, però, la nostra ingegnosa razza avrà trovato un modo per superare i limiti arcigni della Terra e sopravvivere al disastro”. Gli esseri umani che ne usciranno intatti saranno però solo i “superuomini”, ovvero coloro il cui corredo genetico è stato migliorato e modificato. “Non abbiamo tempo di aspettare che l’evoluzione darwiniana ci renda più intelligenti e migliori per natura” conclude il compianto ricercatore.
A sopravvivere sarà dunque solo una “casta“, ovvero un gruppo ristretto di persone che, attraversate indenni le catastrofi che si abbatteranno sulla Terra, dovranno poi fare i conti con disordini politici e nuove dinamiche sociali. Probabilmente potrebbe anche rendersi necessario abbandonare il nostro Pianeta per mettersi in salvo. Gli alieni, ovvero forme di vita intelligente che finora non sono state individuate, spiega Hawking, potrebbero essere già “là fuori”, da qualche parte nello Spazio, in attesa del momento più propizio per palesarsi. In ogni caso, una collisione con un asteroide e i cambiamenti climatici sono secondo il fisico britannico le due principali minacce al futuro dell’umanità. “Gli effetti di entrambi potrebbero rendere il nostro clima simile a quello di Venere, con temperature di 250 °C“.
Su un’atavica questione, invece, ovvero l‘esistenza di Dio, Hawking aveva le idee molto chiare. Nel suo ultimo libro afferma come la nascita dell’Universo si basi sulle leggi della scienza, e non sulla volontà, e meno ancora sull’azione, di un’entità superiore. “Se preferite – conclude – potete chiamare le leggi della scienza “Dio”, ma non si tratterebbe di un dio personale che si possa incontrare o al quale porre domande”.