Tumore alla prostata, addio alla chemioterapia e alle sue controindicazioni: ecco le nuove cure ormonali

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Aumentano in Italia le diagnosi di tumore alla prostata, ma aumentano anche le armi per combatterlo. Solo per il 2018 in Italia sono stati registrati 35.000 nuovi casi, ma sono in arrivo nuove cure su misura e chemio-free che promettono oltre quattro anni di vita in più rispetto alle attuali terapie standard, anche nei casi più difficili. Le buone notizie arrivano da nuovi studi presentati al congresso Europeo di Urologia (EAU) in corso a Barcellona. In pochissimo tempo, attraverso le innovative terapie ormonali ‘chemio-free’, affermano gli urologi, le prospettive dei pazienti con tumore alla prostata metastatico o ad alto rischio di metastasi sono infatti radicalmente cambiate.

Oggi questi pazienti, anche i più complessi con diagnosi contemporanea di tumore alla prostata e metastasi, non solo hanno un’alternativa terapeutica alla chemioterapia, con tutti gli effetti collaterali che questa comporta, ma in base ai dati emersi hanno guadagnato anni di vita di qualità: da 36 mesi di sopravvivenza, con la tradizionale terapia ormonale, a una speranza di vita di poco meno di 5 anni. Grazie ad esempio alla nuova terapia ormonale con abiraterone, i pazienti metastatici già alla diagnosi guadagnano circa due anni di vita in più. Inoltre, gli ultimi dati dello studio Latitude, che ha seguito 1200 pazienti per quasi cinque anni, mostrano che nel tempo non c’è un incremento sostanziale del rischio di eventi avversi.

Ed un altro nuovo farmaco, apalutamide, ha dimostrato come nei malati senza metastasi, ma con un alto rischio di svilupparle, può ritardare di circa due anni la comparsa delle metastasi permettendo ai pazienti di mantenere più a lungo una buona qualità di vita. Grazie alla massima individualizzazione dell’approccio terapeutico e alla maggior efficacia del nuovo armamentario terapeutico, insomma, oggi sono possibili terapie personalizzate ‘in sequenza’, specifiche per ogni stadio della malattia, che ritardano il ricorso alla chemioterapia e soprattutto aggiungono anni di vita di buona qualità.

Grazie alle nuove conoscenze sulle caratteristiche dei tumori, alle nuove possibilità diagnostiche e ai numerosi trattamenti innovativi – osserva Sergio Bracarda, direttore di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni – per i pazienti con carcinoma prostatico metastatico lo scenario è oggi del tutto diverso rispetto a pochissimo tempo fa ed è tuttora in continua, rapidissima evoluzione come in pochi altri settori dell’oncologia. Ora è possibile iniziare a pensare di poter personalizzare le scelte terapeutiche in modo estremamente preciso, consentendo una prognosi migliore anche ai pazienti più complessi, per i quali tutto questo si traduce in un aumento della durata e della qualità di vita“. “La possibilità di avere terapie differenti a seconda della fase della malattia permette al curante di modulare il trattamento e al paziente di godere dei benefici di più opzioni terapeutiche – conclude Walter Artibani, urologo e segretario della Società Italiana di Urologia -. Così, grazie alla ricerca, la cronicizzazione della neoplasia prostatica in progressione sta diventando un obiettivo sempre più vicino e solido“.

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