Due anni in più senza dolore, con una buona qualità di vita, liberi dalle metastasi: è il risultato possibile con una nuova molecola (apalutamide) per la terapia del tumore alla prostata non metastatico ma ad alto rischio di diventarlo, approvata poche settimane fa dall’Agenzia europea per i farmaci (Ema) per il trattamento dei pazienti che sono anche resistenti alla terapia ormonale classica.
In attesa dell’arrivo del farmaco innovativo, che si assume per via orale, nel nostro Paese, gli esperti riuniti a Barcellona in occasione del 34/mo Congresso dell’Associazione europea di urologia sottolineano che la nuova molecola rende possibili terapie sempre più personalizzate e precoci, ritardando il ricorso alla temuta chemioterapia e garantendo un incremento nella quantità e qualità di vita anche nei pazienti più difficili, per i quali finora non erano disponibili trattamenti efficaci.
Lo studio SPARTAN, pubblicato sul New England Journal of Medicine lo scorso anno, ha dimostrato che apalutamide associato alla terapia ormonale classica riduce del 72% la mortalità e il rischio di progressione metastatica, aumentando di oltre 2 anni il periodo libero da metastasi in pazienti ad alto rischio.
In questi soggetti non si riscontrano metastasi con le analisi di imaging tradizionale ma il valore del PSA è in rapida crescita, a indicare un elevatissimo rischio di progressione verso le metastasi.
“Per i pazienti questo significa ben 2 anni in più di qualità di vita invariata e senza dolore, quindi due anni in più da vivere in maggior serenità – sottolinea Walter Artibani, urologo e segretario della Societa’ Italiana di Urologia –. Un vantaggio tangibile per i pazienti, che purtroppo hanno la certezza di andare prima o poi incontro a metastasi e quindi convivono con una spada di Damocle difficile da tollerare”.