Tumore bruciato con il calore: l’esclusivo intervento a Padova che apre nuovi scenari per la cura del cancro

Con un intervento tradizionale i noduli metastatici sarebbero stati affrontati con chemio o radioterapia, più pesanti e difficili da sopportare per un'over 80, già provata dalla malattia e dal primo ciclo di chemio. Invece, con la strategia minivasiva adottata, in 48 ore la donna è stata dimessa
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Un intervento che in realtà ne racchiude due e che sfrutta la forza del calore per distruggere le cellule tumorali. E’ quanto portato a termine a Padova, dove l’operazione ha permesso ai medici di neutralizzare in un colpo solo le metastasi in due organi diversi: fegato e polmone. La procedura messa in campo dall’azienda ospedaliera veneta si chiama, tecnicamente, ablazione termica a microonde. La tecnica messa in atto, in base a quanto spiegato dagli esperti, è applicata nella cura delle neoplasie del fegato e da qualche tempo validata anche su altri organi, come polmone e rene. La particolarità dell’intervento eseguito all’inizio di marzo in Veneto, è quella di aver trattato in contemporanea in un’unica seduta fegato e polmone, in cui la paziente, una donna di 84 anni, aveva rispettivamente metastasi di circa 4 centimetri e 1 cm originate da un tumore al colon, curato.

Questa proceduta mininvasiva è stata eseguita per via percutanea, arrivando rapidamente e in maniera diretta all’organo malato, con l’imaging strumentale (Tac, ecografia) che faceva da vero e proprio ‘navigatore‘. Una guida che, come spiegano gli autori dell’intervento, ha permesso di mirare e centrare il bersaglio con precisione attraverso la cute con l’inserimento di un semplice ago del diametro di 1,5 millimetri e lungo circa 20 cm, che ha creato un campo sferico riscaldando le cellule tumorali, portandole a distruzione in necrosi coagulativa. L’impiego delle microonde è l’ultima evoluzione della termoablazione. ‘Registi’ della strategia Giulio Barbiero e Michele Battistel, radiologi interventisti dell’Istituto di Radiologia dell’Azienda ospedaliera-università di Padova, diretto da Emilio Quaia. Questo campo, in cui sono state sviluppate ad oggi tecniche sempre meno invasive, si sta dimostrando – sottolineano gli esperti – un nuovo pilastro nelle cure del tumore, allineandosi al fianco di chirurgia, radioterapia, chemioterapia.

Quaia, con i giovani radiologi attori principali dell’intervento, ha scelto quella che è stata definita una strada innovativa: “La procedura di termoablazione combinata ha permesso di trattare la paziente con una semplice seduta interventistica, effettuata con successo su due organi differenti, in susseguenza e con un ricovero di soli 2 giorni e senza alcuna complicanza“. Con il team interventistico hanno collaborato anche le équipe di anestesisti e personale tecnico, infermieristico e sanitario. Si è agito prima sul fegato e poi sul nodulo polmonare, con la paziente sempre vigile e collaborativa. Le due fasi sono durate in tutto circa 1 ora e mezza. Al termine, un controllo Tac con mezzo di contrasto ha permesso di constatare la devitalizzazione delle metastasi in entrambi gli organi. Solo con il tempo queste verranno sostituite da tessuto cicatriziale.

Con  un intervento tradizionale i noduli metastatici sarebbero stati affrontati con chemio o radioterapia, più pesanti e difficili da sopportare per un’over 80, già provata dalla malattia e dal primo ciclo di chemio, puntualizzano gli specialisti. Invece, con la strategia minivasiva adottata, in 48 ore la donna è stata dimessa. Ad oggi, rilevano dall’Ao, poche volte in Italia e in Veneto è stato effettuato questo tipo di intervento in contemporanea e su due diversi organi. Fra i vantaggi e i benefici della procedura il fatto che, eliminando l’anestesia generale, si possano trattare pazienti con comorbilità; la degenza ridotta a uno o massimo 2 giorni; la possibilità di trattare anziani e giovani, per noduli tumorali piccoli entro i 4-5 cm. Infine, ma non per importanza, la rapidità e ripetibilità della procedura, sommata a sicurezza, efficacia e meno dolore rispetto alla chirurgia tradizionale. Fra gli effetti viene rilevata la diminuzione di costi diretti e indiretti anche a vantaggio del sistema sanitario nazionale. Già oggi in Italia si stimano 95 mila procedure di radiologia interventistica l’anno. Ma studi europei prevedono che i ricoveri per procedure interventistiche quadruplicheranno entro il 2020

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