Ancora troppo poche italiane aderiscono ai programmi di screening per il tumore del seno. Solo il 56% delle donne ha eseguito la mammografia, l’esame salvavita in grado di diagnosticare precocemente la malattia. La Lombardia è una regione virtuosa e presenta uno dei tassi d’adesione tra i più alti della Penisola (67% di aderenza). Ciononostante ancora una donna su tre non si sottopone agli screening.
Un fenomeno che preoccupa, dal momento che la neoplasia ogni anno provoca ancora in tutta la Penisola oltre 12 mila decessi. E si registrano ancora forti differenze territoriali. L’allarme degli specialisti arriva dal convegno ‘Breast Journal Club. L’importanza della ricerca in oncologia’, che si conclude oggi a Cremona.
Nel Mezzogiorno, dove l’adesione agli screening è inferiore rispetto al Settentrione, la sopravvivenza dal tumore è leggermente più bassa. Nelle regioni del Sud si attesta all’85%, mentre in quelle del Nord all’88%. Da qui l’appello degli oncologi affinché tutte le italiane, d’età compresa tra i 50 e 69 anni, si sottopongano una volta ogni 2 anni al test gratuito organizzato dalle aziende sanitarie locali.
“Il cancro della mammella è una malattia che riusciamo a sconfiggere nell’oltre 80% dei casi – afferma Daniele Generali, direttore dell’Unità operativa multidisciplinare di Patologia mammaria e Ricerca traslazionale dell’Asst di Cremona – E’ un dato positivo, ma non si può sottovalutare una neoplasia così diffusa e che interessa una parte del corpo femminile estremamente delicata. Soprattutto i test per la prevenzione secondaria vanno maggiormente incentivati tra tutta la popolazione”.
Nel convegno scientifico cremonese diverse sessioni sono dedicate ai trattamenti. “Le nuove terapie hanno migliorato la sopravvivenza e presentano tossicità più contenute rispetto al passato – sottolinea Sabino De Placido, direttore dell’Oncologia medica dell’università Federico II di Napoli – Ciò è avvenuto anche per il carcinoma mammario triplo negativo metastatico, uno specifico sottotipo di malattia che è particolarmente difficile da trattare”.
“Le terapie – evidenzia Pier Franco Conte, direttore della Rete oncologica veneta e della Divisione di oncologia medica 2 all’Istituto oncologico veneto – oggi sono più mirate e in grado di agire sul singolo sottotipo di carcinoma. Bisogna proseguire in questa direzione e favorire il più possibile l’innovazione in oncologia”.