Howard Carter era nato a Swaffham, nella contea di Norfolk, in Inghilterra, il 9 maggio 1874. Il suo nome entrò negli annali della storia grazie alla sua scoperta della tomba del faraone egizio Tutankhamon, ovvero la più grande scoperta archeologica del XX secolo. Carter nacque in una famiglia non molto ricca in cui il padre, Samuel John Carter, si guadagna da vivere dipingendo ritratti di famiglia per la rivista “Illustrated London News“. Nel 1899, a soli 25 anni, Howard viene nominato ispettore capo del sud dell’Egitto e diventa responsabile dei siti di Karnak, Luxor, Tebe e della Valle dei Re. Questi sono gli anni di massima attività di Carter, il quale scava le tombe di Seti I e Nefertari, il tempio di Abu Simbel, il sito di Assuan, oltre a tanti altri. Ma il suo sogno, in quanto archeologo ed egittologo, è quello di scavare nella Valle dei Re, alla ricerca delle tombe dei due faraoni della XVIII Dinastia non ancora scoperte.
E riesce a raggiungere il suo obbiettivo il 3 novembre 1922: grazie a Lord Carnarvon riprendono gli scavi, di fronte alla tomba di Ramesse VI. Già il giorno successivo, ovvero il 4 novembre, avviene la sensazionale scoperta: riaffiora un gradino che presto si trasforma in una scala, la quale giunge ad una porta che conserva ancora intatti i sigilli della necropoli, mai stata violata sin dai tempi dalla sua chiusura, risalente a migliaia di anni prima. Per Carter è il sigillo del suo successo personale, dato che dietro quella porta verrà trovata la tomba del faraone Tutankhamon.
Carter mori il 2 marzo 1939, a Kensington, in quella Londra che in parte gli aveva negato gli onori della sua memorabile e storica scoperta, e non gli aveva concesso di incontrare i membri della famiglia reale per presentare loro i risultati dei fortunati scavi in Egitto. Questa sua “sfortuna” dopo l’apertura della tomba del misterioso faraone, fu da più parti imputata alla fantomatica maledizione che, secondo i più superstiziosi, avrebbe investito tutti coloro che erano in qualche modo coinvolti nella “profanazione” del sarcofago del giovane e sfortunato Tutankhamon. Ma cosa c’è di vero dietro questa leggenda?
Per capirlo bisogna immergersi nell’atmosfera del tempo: la scoperta della tomba di Tutankhamon fu un evento mediatico senza precedenti fino a quel momento, tanto che la febbre ‘da antico Egitto’ travolse il mondo intero. L’archeologo e il suo finanziatore, Lord Carnarvon, decisero di stipulare con il quotidiano britannico ‘The Times‘ un contratto di esclusiva per tutte le notizie relative alla tomba di Tutankhamon. Questo portò ad un’insurrezione del resto della stampa internazionale, oltre che ovviamente all’ira del governo egiziano. In Occidente la scoperta della tomba del giovane faraone scatenò una sorta di psicosi collettiva, tanto che le testate giornalistiche dovettero adattarsi trovando, o in casi estremi ‘creando’, notizie sull’argomento. E, fra queste, la più fortunata in assoluto fu sicuramente quella che oggi additeremmo come fake news o bufala: si diffuse la leggenda che Tutankhamon portasse sfortuna perché sulla sua tomba ci sarebbero state iscrizioni che ne maledivano i profanatori.
Le iscrizioni vennero però inventate di sana pianta. Una di queste recitava: “La morte verrà su agili ali per colui che profanerà la tomba del Faraone“. E ancora: “Siano disseccate le mani alzate contro di me“. A rendere ancora più realistica questa fake news agli occhi dei lettori arrivò un fatto vero: nel febbraio 1923, dunque tre mesi dopo la scoperta della tomba, Lord Carnarvon fu punto da un insetto, che gli causò una fortissima febbre sfociata poi in una polmonite che lo portò alla morte, dopo una lunga agonia, il 5 aprile 1923 proprio al Cairo. Il decesso fu ovviamente imputato alla maledizione del faraone e fu visto come un castigo per la violazione del suo luogo di sepoltura.
Intanto il Daily Mail, maggiore antagonista del Times, assunse come corrispondente locale Arthur Weigall, egittologo rivale di Carter, mentre in Egitto insorgeva una campagna d’odio sia contro il governo in carica che contro il colonialismo britannico e straniero. Nel febbraio 1924, il direttore generale del Servizio delle Antichità Egizie Pierre Lacau, sotto pressioni del neo eletto ministro dei Lavori pubblici del Partito Nazionalista Morcos Bey Hanna, fece bloccare dalla polizia l’accesso alla tomba. Carter protestò contro questa azione abbandonando gli scavi, ma lasciando il coperchio di granito del sepolcro appeso precariamente con delle funi. Al momento di incertezza, dunque, si sommò questa azione che incusse timore nell’opinione pubblica.
I corrispondenti dei giornali di tutto il mondo ricevevano intanto pressioni per fornire notizie fresche e ‘succulente’ da dare in pasto ai lettori: aumentò così l’abitudine di inventare o di enfatizzare le notizie e le indiscrezioni sulla tomba del faraone. A questo si sommò anche la volontà di molti di denigrare la recente scoperta, per mettere in cattiva luce il suo scopritore e lo stesso Times. La ‘maledizione di Tutankhamon‘ divenne ben presto più nota del faraone stesso. Howard Carter sopravvisse per ben 16 anni dopo la scoperta della tomba e morì a 65 anni di età, il 2 marzo .