Abbassare il colesterolo non basta: anche i trigliceridi mettono a rischio il cuore

Abbassare il colesterolo non è sufficiente: anche i trigliceridi sono un fattore di rischio a cui è necessario dare maggiore attenzione
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Non c’è solo il colesterolo tra i valori da tenere sotto controllo per proteggere il cuore. Anche i trigliceridi, spesso sottovalutati persino dai clinici, sono un fattore di rischio a cui è necessario dare maggiore attenzione e su cui serve migliorare anche l’informazione destinata a operatori sanitari e pazienti. Sono queste, in sintesi, le conclusioni dell’Expert meeting sul ruolo dei trigliceridi nel rischio cardiovascolare, organizzato ieri a Roma da Alfasigma.
Durante l’incontro, gli esperti si sono trovati d’accordo sulla “necessità di proseguire programmi di formazione dedicati alla valorizzazione della trigliceridemia come fattore di rischio cardiovascolare“, ha spiegato Marcello Arca, associato di Medicina interna all’Università Sapienza di Roma, aggiungendo che uno degli aspetti considerati nel corso dei lavori è stato quello di porre attenzione “a tutti gli strumenti terapeutici che si hanno a disposizione per controllare la trigliceridemia, soprattutto in quei pazienti che hanno già avuto una manifestazione ischemica e in cui esiste un rischio residuo legato a valori non ottimali“. Un aspetto, continua Arca, “su cui è necessario realizzare programmi di formazione, discussione tra i medici, formulazioni di raccomandazioni e una più dettagliata, approfondita e non equivoca disanima di tutte le evidenze scientifiche“.

Giovambattista Desideri, direttore della cattedra di Geriatria all’Università degli Studi dell’Aquila, ha sottolineato l’utilità dell’uso degli omega 3 a dosaggio terapeutico. “Negli ultimi anni – osserva – un numero crescente di evidenze scientifiche ha dimostrato in maniera molto convincente che i trigliceridi rappresentano un rischio cardiovascolare assolutamente rilevante, e quindi un’ottimizzazione del controllo della trigliceridemia oggi rappresenta un target terapeutico fondamentale per migliorare il controllo del rischio cardiovascolare nei nostri pazienti“.
Dello stesso parere Pierluigi Temporelli della divisione di Cardiologia riabilitativa degli Istituti clinici scientifici Maugeri di Veruno (Novara), che ha ricordato come la trigliceridemia stia “emergendo prepotentemente come un fattore di rischio che abbiamo trascurato, puntando tutto sul colesterolo e in particolare sul colesterolo Ldl. Studi recenti a livello internazionale e opinioni autorevolissime ci indicano di dedicare molta più attenzione rispetto a quanto abbiamo fatto finora anche al problema della trigliceridemia“.
Oggi quindi, conclude Roberto Pontremoli, nefrologo e ordinario di Medicina interna all’Università degli Studi di Genova “il medico e il paziente devono sapere che anche quando il colesterolo Ldl è controllato in maniera ottimale con la terapia, in pazienti ad alto rischio cardiovascolare, è possibile fare di più. In particolare, è possibile una terapia specifica che, riducendo i valori dei trigliceridi, può ridurre ulteriormente il rischio di avere eventi cerebrocardiovascolari e anche renali. Una novità, questa, in termini di comunicazione, perché può consentire a molti medici e a molti pazienti di fare un ulteriore passo verso un miglioramento della prognosi“.

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