Encefalite da zecca: rischio sottovalutato nonostante sia pericolosa. Si può prevenire, ma pochi lo sanno

L'encefalite da zecca (TBE) può essere una patologia potenzialmente grave e, in alcuni casi, letale
MeteoWeb

Negli ultimi 30 anni il numero di casi di encefalite da zecca (TBE), una delle malattie più pericolose trasmesse dal morso di zecche infette, è aumentato di quasi il 400%.
La TBE si può manifestare con sintomi quali febbre, stanchezza, mal di testa, dolore muscolare e nausea. Nei casi più gravi la malattia può coinvolgere il sistema nervoso centrale e provocare sin-tomi neurologici a lungo termine, e in alcuni casi anche la morte.
Eppure, la conoscenza di questa malattia e dei rischi che comporta sono poco noti in Italia, così come le forme di prevenzione attuabili. Lo conferma una recente ricerca svolta in 20 Paesi europei da GfK SE1 per conto di Pfizer su un campione di oltre 50.000 intervistati di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Condotta in Paesi differenti per grado di en-demicità (aree in cui la TBE è costantemente presente) la ricerca ha rilevato un grado variabile di cono-scenza sia della malattia che delle forme di prevenzione.  In Europa sono presenti aree fortemente en-demiche come la Finlandia, l’Austria, la Repubblica Ceca e parzialmente endemiche come l’Italia (in par-ticolare il Triveneto), la Germania e la Svezia.

In linea generale, in tutti i Paesi endemici – di qualunque livello – il 63% degli intervistati conosce la TBE e il 43% degli intervistati sa anche che esiste un vaccino per prevenirla, di questi il 33% dichiara che lui e i suoi familiari sono vaccinati. In realtà tra i Paesi fortemente endemici e quelli parzialmente endemici i dati evidenziano uno scostamento rilevante: nel primo caso, è dell’80% la percentuale di quanti cono-scono la malattia (vs il 59%) e del 70% quella relativa alla conoscenza del vaccino (vs il 37%); il 41% di co-loro che vivono in un contesto familiare informato sulla vaccinazione è vaccinato (vs il 30%).
In Italia
I dati specifici sull’Italia restituiscono una fotografia molto diversa dalla media europea, anche rispetto a quella dei Paesi parzialmente endemici come il nostro.
Conoscenza della malattia e delle forme di prevenzione:
– 1 intervistato su 3 conosce la TBE, 1 su 2 nel Triveneto, zona fortemente endemica;
– 1/10 è a conoscenza sia della patologia che dell’esistenza di un vaccino per prevenirla;
– Tra quanti hanno consapevolezza sia della malattia sia del vaccino (intervistati e loro nucleo fami-liare), il 2% conosce e ha effettuato il vaccino, percentuale che sale al 4% nelle zone endemiche del Paese.
Come si cura?
Come nel resto d’Europa, anche in Italia gli intervistati ritengono, erroneamente, che la TBE possa essere trattata con gli antibiotici e che questi siano senz’altro almeno parte del percorso terapeutico.
Tra quanti sono consapevoli della malattia e dei suoi rischi:
–  il 6% pensa, correttamente, che non ci sia nessuna cura per la TBE (la percentuale sale tra coloro che si sono vaccinati – leggermente meno di 1/5);
– il 45% non sa quali siano i trattamenti necessari.

Il ruolo del medico e barriere alla vaccinazione
I medici sono l’interlocutore privilegiato per decidere o meno di vaccinarsi:
– 1 persona su 3 di quelle che si sono vaccinate lo hanno deciso dopo aver parlato con il proprio medico;
– Tra gli intervistati non vaccinati, circa il 25% ha dichiarato di non sentirsi a rischio o di non vivere in zone considerate a rischio come motivazione principale;
– Il 15% non si vaccina perché non è solito visitare zone endemiche.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) raccomandano la vaccinazione contro l’encefalite da zecca nelle zone in cui questa malattia è en-demica2.
È possibile, inoltre, tutelarsi adottando alcuni semplici accorgimenti:
.  Indossare indumenti protettivi con maniche lunghe, pantaloni lunghi e stivali sui quali va spruzzato un insetticida appropriato;
.  Ispezionare bene il proprio corpo dopo aver effettuato attività all’aria aperta per escludere la presenza di zecche e, nell’eventualità, rimuoverle utilizzando delle pinzette dalla punta sottile;
.  Evitare, nelle aree a rischio, anche il consumo di latte e di prodotti del latte non pastorizzato.

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