Eliminare l’epatite C entro il 2030 è un obiettivo possibile? “Sono stati fatti grandi passi avanti, in molti Paesi, contro l’epatite C. Io penso che l’obiettivo fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità sia raggiungibile nei Paesi davvero motivati, che hanno fatto e stanno facendo molto per la diagnosi e il trattamento di questa infezione, anche nei gruppi di pazienti difficili da raggiungere, come chi è in carcere, o gli homeless, o i soggetti coinfetti. Combattere lo stigma e potenziare gli screening, oltre ad assicurare un buon accesso alle terapie, è fondamentale per raggiungere l’obiettivo“. Parola di Gregg Alton, Chief Patient Officer di Gilead, intervenuto a margine dell’International Liver Congress 2019 in corso a Vienna.
“Proprio al congresso – spiega – presentiamo nuovi dati in reald world che dimostrano l’efficacia dei nostri farmaci per l’Hcv, anche nei pazienti difficili da curare. Il regime terapeutico diventa più semplice, con una sola pasticca al giorno per 12 settimane, e ciò facilita il trattamento anche dei pazienti finora più difficili“, spiega Alton all’AdnKronos Salute. Gilead ha presentato al meeting dell’Easl (Associazione europea per lo studio del fegato) nuovi dati su Epclusa* (sofosbuvir/velpatasvir) e Harvoni* (ledipasvir/sofosbuvir) in popolazioni difficili da curare, che dimostrano l’efficacia e la tollerabilità di questi regimi terapeutici. Inoltre ha annunciato il lancio di 5 nuovi grant per supportare la ricerca contro l’epatite C, l’epatite B, le coinfezioni Hiv-Hcv, la steatoepatite non alcolica (Nash) e la colangite primaria sclerosante. Le domande potranno arrivare da tutto il mondo.
“Semplificare la diagnosi e il trattamento è cruciale contro l’epatite C – continua Alton – ma il nostro focus sono le malattie del fegato, dunque anche la Nash, che rappresenta un grande problema, e l’epatite B: siamo infatti impegnati nella ricerca di una cura funzionale per i pazienti con Hbv. Nella nostra pipeline c’è un farmaco sperimentale orale, che stiamo esaminando“. Studi in vitro illustrati a Vienna hanno dato risultati promettenti, e ora la molecola (GS-9688) sarà valutata in un trial di fase II su pazienti con epatite B cronica.
Tornando all’epatite C, “gli ultimi studi dimostrano l’importanza di screening mirati per far emergere, e trattare, il sommerso. Penso a esami di routine ad esempio in pronto soccorso, o nelle carceri, o nei centri che assistono i tossicodipendenti. E’ importante intervenire prima che questi pazienti arrivino alla cirrosi – sottolinea il Chief Patient Officer di Gilead – Serve però anche contrastare con forza lo stigma che ancora pesa su questi malati, e che a volte arriva anche dagli operatori sanitari“. Potenziare gli screening e combattere lo stigma sono le chiavi per contrastare efficacemente l’epatite C. “E raggiungere l’obiettivo dell’Oms“, conclude Alton.