“Oggi stiamo vivendo un paradosso: ci sono i farmaci per curare l’epatite C, i fondi per le terapie e le strutture specializzate. Peccato che manchino i pazienti“. Ad affermarlo è Ivan Gardini, presidente di EpaC Onlus, l’associazione dei pazienti con epatite C e malattie del fegato, sentito dall’Adnkronos Salute in occasione dell’International Liver Congress dell’Easl (Associazione europea per lo studio del fegato), in corso in questi giorni a Vienna. “Possiamo stimare che, tra soggetti noti e non, ci siano 200-300 mila pazienti ancora da trattare, ma il fatto è che molti non sono stati identificati. Risultato? Ne stiamo avviando al trattamento il 40% in meno rispetto all’anno scorso“.
Insomma, il problema a questo punto è legato al sommerso. Secondo l’ultimo aggiornamento diffuso dall’Agenzia italiana del farmaco, al 1 aprile erano 176.810 i pazienti con Hcv trattati o che hanno iniziato la terapia. “I pazienti ancora da trattare ci sono, ma troppi non sono ancora stati identificati e avviati alle strutture specializzate. E’ un problema di volontà politica“, aggiunge. Le persone con Hcv “vanno cercate, occorre comunicare con la cittadinanza, favorire gli screening. Altrimenti – ammonisce – resterà uno zoccolo duro di persone non trattate“. E il virus continuerà a circolare.
Come finanziare questa ricerca? “L’anno passato – ricorda Gardini – sono avanzati 300 milioni dal fondo per gli innovativi, che le Regioni si sono spartiti per scopi diversi. Occorre stanziare fondi per la comunicazione e per favorire screening mirati. Anche perché ancora oggi 1 paziente su tre che arrivano alle strutture ha una cirrosi o una patologia avanzata. Se non vengono curati, andranno incontro a tumore del fegato e trapianto, con tutti i costi che questo comporta per il sistema sanitario“.
E’ arrivato il momento di intervenire, sottolinea il presidente EpaC. “Serve una volontà politica chiara, anche perché abbiamo ancora i fondi, i farmaci ci sono e sono efficaci, e anche i medici e i centri. Occorre ricordare che stiamo parlando di persone che possono essere salvate. Oltretutto con un intervento che comporterebbe un risparmio anche in termini economici per il Servizio sanitario nazionale“, conclude.