Anche l’isolamento può essere un effetto collaterale della scoperta di dover combattere contro un tumore. E proprio per contrastare quel senso di solitudine è nata Wa Word, l’applicazione per smartphone che ha come obiettivo mettere in rete i malati oncologici per lo scambio di esperienze, informazioni, consigli o anche solo per dare e ricevere un po’ di conforto. WaWord App è uno dei progetti finanziabili all’interno dell’iniziativa Msd CrowdCaring, che riguarda percorsi di cura e miglioramento della qualità della vita dei pazienti.
Il crowdfunding ha già raggiunto il primo obiettivo: 10mila euro raccolti fra finanziamento dal ‘basso’ e contributo di Msd Italia. Ora punta più in alto, ovvero a conquistare la cifra di 15mila euro. E chiede il sostegno di nuovi finanziatori. L’idea porta la firma di Fernanda Ricci: 43 anni, biologa, con un dottorato in biofisica molecolare e più di 15 anni di esperienza nella ricerca medica. WaWord è una app social, scaricabile gratuitamente nei principali store digitali, che mette in rete i pazienti oncologici, in cura, cronici o guariti, per facilitare la condivisione e lo scambio di esperienze nell’ambito del percorso di cura. Una community, basata sul principio dell’empatia, che ha come obiettivo principale ridurre il senso di solitudine degli ammalati.
Con WaWord (il cui nome deriva da warmth, calore, e word, parola) dopo una semplice registrazione si potrà entrare in contatto con altri malati, individuati anche grazie a un sistema di filtri che permette di selezionare gli utenti con un profilo diagnostico simile. A quel punto sarà possibile scambiarsi informazioni pratiche e suggerimenti e ridurre la sensazione di solitudine di coloro cui viene diagnosticano un cancro (300mila persone l’anno secondo le fonti ufficiali).
“All’inizio – spiega la progettista, Fernanda Ricci, in un comunicato – il cancro per me era solo una malattia da studiare sul bancone, poi è apparso nella vita reale colpendo persone vicine a me, anche nell’affetto. Questo progetto nasce con l’intenzione di dare un semplice supporto per rompere quel senso di isolamento che può crearsi durante il percorso del paziente oncologico, quando si ritrova a tu per tu con la malattia, una volta fuori dalle strutture ospedaliere”.