Pisa segna un ulteriore passo avanti nella chirurgia ultraspecialistica multidisciplinare con un intervento riuscito e non ancora descritto in letteratura, che ha restituito speranza di vita ad una paziente già operata due volte per metastasi al fegato (da adenocarcinoma del colon) e che stavolta non avrebbe avuto grandi possibilità di sopravvivenza se non fosse stata applicata una procedura innovativa, che ha unito la tecnica di chirurgia epatica del risparmio d’organo alla cardiochirurgia senza circolazione extracorporea.
Stavolta, infatti, la metastasi aveva coinvolto un asse vascolare strategico, ossia la confluenza atrio-epatocavale arrivando fino al cuore e quindi bisognava intervenire chirurgicamente ma le sue condizioni generali e anagrafiche non consentivano l’impiego della circolazione extracorporea, di solito usata negli interventi di cardiochirurgia. Che fare dunque, con una forte indicazione oncologica all’intervento ma un rischio cardiochirurgico elevato? Serviva un salto oltre l’ostacolo, quell’up-grade che solo i centri di terzo livello sono in grado di garantire mettendo a disposizione le competenze di più specialisti.
E così è stato: dopo un accurato briefing-preoperatorio che ha coinvolto moltissime figure professionali (chirurghi generali, cardiochirurghi, anestesisti, oncologi, epatologi, radiologi, medici di medicina trasfusionale e di medicina nucleare, infettivologi, anatomo-patologi, infermieri di sala e tecnici, oltre alla direzione sanitaria per l’organizzazione logistica) è stato pianificato accuratamente l’intervento, ricorrendo anche alla ricostruzione in 3D del fegato della paziente a partire dalla cardio Tac, grazie alla collaborazione con l’Università di Pavia.
In 14 ore di sala operatoria con più di 20 professionisti coinvolti, è stata portata a termine con successo una maratona chirurgica che ha sostituito l’asse vascolare sede della metastasi asportando una minima quantità di fegato, intervenendo sul cuore senza circolazione extra-corporea, come in un intervento tradizionale di chirurgia epatica del risparmio d’organo, dal punto di vista emodinamico, nonostante la de-connessione completa del deflusso epatico dalla paziente. Una scelta terapeutica che può fare da apripista in casi come questo essendo la resezione chirurgica con risparmio d’organo una chance concreta per aumentare le probabilità di sopravvivenza dei pazienti affetti da metastasi epatiche da neoplasia del colon retto.
La paziente, con perdite ematiche ridottissime e una degenza di poco più di 2 settimane, è tornata a casa con un fegato originario pressoché integro, nonostante i plurimi interventi, e un’aspettativa di sopravvivenza triplicata rispetto a quella precedente l’intervento. Tutto merito dei percorsi assistenziali costruiti intorno alla patologia, di cui quello della “Chirurgia epatica del risparmio d’organo per le metastasi” – all’interno del quale è stato gestito questo intervento e di cui è responsabile il dottor Lucio Urbani – è un esempio. Sono organizzazioni dell’assistenza in “focused hospital” (come i Gom-Gruppi oncologici multidisciplinari o i Centri clinici, su cui ormai in Aoup la strada è tracciata) il cui valore aggiunto è la compresenza dei migliori professionisti delle varie specialità intorno al paziente e alla sua patologia, cosa sempre più difficile in una medicina iperspecialistica che obbliga ciascuno a concentrarsi su settori monotematici, per raggiungere livelli elevati. Un esempio virtuoso di sinergia, multidisciplinarietà e flessibilità nell’allestimento di una task-force poderosa per le ore di sala operatoria e le risorse umane impiegate, possibile anche grazie al modello organizzativo impostato sul briefing preoperatorio e il de-briefing post-operatorio per eliminare le eventuali criticità, oggi ormai in uso in tutte le organizzazioni complesse (edm).