Il Parlamento irlandese ha dichiarato all’unanimità lo stato di emergenza climatica e ambientale, chiedendo formalmente al governo di migliorare la sua risposta alla doppia crisi.
A dieci giorni di distanza dal voto del parlamento britannico, il provvedimento varato dalla camera bassa Dail Eireann fa dell’Irlanda il secondo paese al mondo a riconoscere lo stato di emergenza climatica, dando una base politico-istituzionale alle necessarie azioni nella lotta al riscaldamento globale e alla perdita di biodiversità. Una decisione presa non con una votazione dei deputati ma con un emendamento ad un rapporto parlamentare.
“Abbiamo ottenuto l’appoggio di tutti i partiti, ma ora abbiamo bisogno di azione” ha dichiarato su Twitter Hildegarde Naughton, deputata di Fine Gael, il partito di centro destra al potere a Dublino.
Più prudente invece la reazione del capofila del Partito ambientalista irlandese (Green Party), Eamon Ryan, per il quale “dichiarare un’emergenza non significa nulla fin quando provvedimenti non vengono presi per salvaguardare” il pianeta, sottolineando che “ciò significa che d’ora in poi il governo dovrà fare cose che non voleva fare“.
Un obiettivo che si è posto l’attuale dell’esecutivo irlandese è la riduzione entro il 2050 dell’80% delle emissioni di gas ad effetto serra rispetto al 1990. Non si fatta attendere la reazione entusiasta di Greta Thunberg, il volto simbolo della lotta al riscaldamento globale in Europa, che ha mobilitato decine di migliaia di giovani nei suoi “Fridays For Future“. “Ottima notizia per l’Irlanda! Qual e’ il prossimo?” il tweet dell’attivista svedese. Sulla scia del vasto movimento per il Clima Extinction Rebellion – protagonista il mese scorso di una serie di azioni pacifiche che hanno bloccato Londra – dieci giorni fa è stata la Camera dei comuni britannica a fare da apripista con un voto chiesto dall’opposizione laburista. Inoltre la Commissione britannica per il cambiamento climatico ha stabilito un nuovo obiettivo ambizioso: zero emissioni gas ad effetto serra entro il 2050, invece di una riduzione dell’80%.