Costruito un chip iper-veloce che si ispira al cervello umano con tanto di neuroni artificiali

Il chip iper-veloce imita il cervello umano ed usa la luce insieme all'intelligenza artificiale: riuscendo a superare gli attuali limiti dei computer
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Il cervello è il più particolare e incredibile tra gli organi umani e realizzare tecnologie che lo imitano è stata sempre una sfida della scienza. Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, sembra aver aggiunto un tassello importate allo sviluppo di questa tecnologia. Lo dimostra un nuovo chip iper-veloce che riesce ad imitare i neuroni e le loro connessioni, sfruttando la luce e l’intelligenza artificiale.

A costruirlo un gruppo guidato dall’Università di Munster, in Germania, che è riuscito a superare gli attuali limiti dei computer concentrando in un unico posto immagazzinamento e delle informazioni, proprio come avviene nel cervello.Questa ricerca apre la via ad applicazioni dell’Intelligenza Artificiale molto più avanzate di quelle attuali, ad esempio nel campo delle diagnosi mediche. I ricercatori, guidati da Johannes Feldmann, hanno realizzato un chip contenente quattro neuroni artificiali e 60 connessioni, o sinapsi.

Il funzionamento avviene grazie a due diversi algoritmi di apprendimento automatico, in grado di imparare sulla base degli esempi forniti e di riconoscere schemi nascosti nei dati, proprio come fanno le cellule nervose umane. Inoltre, il sistema funziona unicamente con la luce e non con gli elettroni – alla base invece dei chip tradizionali – permettendo l’elaborazione delle informazioni ad una velocità molto più elevata.

Il nostro sistema ci consente di compiere un grande passo avanti verso la realizzazione di computer che lavorano in modo simile al cervello“, commenta Wolfram Pernice, uno degli autori dello studio, “e che sono anche in grado di lavorare a compiti basati sul mondo reale“.

Con l’aiuto di questi chip, un domani, si potrebbe arrivare ad identificare automaticamente e velocemente le cellule tumorali. Tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare, sottolineano i ricercatori, prima di poter giungere ad applicazioni simili.

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