“Il Codice di deontologia medica, nella sua formulazione attuale, impedisce al medico di effettuare e/o favorire atti finalizzati a provocare la morte del paziente. Nel contempo, impone al medico di rispettare la dignità del paziente, evitando ogni forma di accanimento terapeutico”.
Lo ha affermato il coordinatore della Consulta deontologica della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), Pierantonio Muzzetto, in audizione alle commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera dei Deputati. Argomento: le tre proposte di legge, attualmente all’esame delle commissioni, in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari.
“In ottemperanza dell’autodeterminazione del paziente da un lato, e nel rispetto della clausola di coscienza del medico dall’altro – ha aggiunto Muzzetto – l’attuazione della volontà del paziente nel rifiutare le cure, pone il ricorso alla sedazione profonda medicalmente indotta, come attività consentita al medico in coerenza e nel rispetto dei precetti deontologici. Tutto ciò nel rispetto della dignità del morente” L’audizione del rappresentante Fnomceo si è basato su un parere elaborato dalla Consulta della Federazione, poi fatto proprio dal Comitato centrale – l’organo di governo – e già presentato al Comitato nazionale per la bioetica. Il principio è che per il medico restano validi, e ineludibili, i principi del Codice deontologico.
“La Fnomceo – ha evidenziato Muzzetto – ritiene che il Codice deontologico continui ad avere le risposte adeguate ai bisogni di Salute del cittadino. Le cure palliative sono la soluzione che può mantenere intatto il rispetto della dignità della persona malata. La professione del medico segue da millenni un paradigma che vieta di procurare la morte del paziente. Se viene capovolto, occorre che ne discuta l’intera società, perché le conseguenze non si limitano all’agire del medico, del quale, comunque, non può essere limitata la libertà di coscienza. Se fosse approvata la legalizzazione all’aiuto al suicidio, verrebbe capovolto questo paradigma”.
“Consideriamo il dialogo sul suicidio assistito utile e necessario – ha proseguito l’espondente Fnomceo – crediamo che debba essere scevro da pregiudiziali ideologiche o politiche, e animato solo da sensibilità intellettuale e disponibilità a comprendere sino in fondo le ragioni di determinate scelte. Ma anche dalla volontà di valutare le possibili conseguenze del cambiamento del paradigma – quello che vede la malattia come il male e la morte come il nemico da sconfiggere – che sinora ha caratterizzato l’esercizio della professione medica”. “Le condotte agevolative che spianino la strada a scelte suicide non possono ricadere solo sul medico – ha argomentato – al medico deve anzi essere attribuito il ruolo di colui che tutela i soggetti più fragili. Il divieto di favorire o procurare la morte ha sempre protetto la professione medica e i cittadini, come insegna la storia. La Fnomceo ribadisce che i principi del nostro Codice sono esaustivi dell’esercizio della professione e che il paradigma che l’ha ispirato continua a essere valido. Per il rispetto della dignità della persona che soffre, grazie alla legge 38/2010 abbiamo strumenti adeguati che sono le cure palliative, la terapia del dolore fino alla sedazione profonda. Occorre applicare meglio queste terapie, che possono essere lo strumento migliore per evitare lesioni della dignità delle persone e prevenire richieste di suicidio”.