Oggi si celebra l’Everest Day, ma i festeggiamenti sono abbastanza lontani dall’occasione, infatti si moltiplicano gli allarmi per le condizioni selvagge in cui ormai si svolge la scalata alla montagna più alta al mondo. Il tetto del mondo declinato ad un circo ad alta quota, invaso di persone inesperte che spingono per trovare il posto giusto per farsi un selfie.
Il numero eccessivo di scalatori, improvvisati e non, e la ristretta finestra di tempo buono per la scalata ha costretto moltissimi a tentare l’ascesa alla cima tutti insieme, cosa che fatto registrare nell’ultima settimana ingorghi e malori ad alta quota. In undici finora hanno perso la vita, dopo aver aspettato ore in coda per raggiungere la vetta a 8.848 metri, una sosta nella “zona della morte” – oltre gli 8 mila metri – che fa consumare le scorte di ossigeno e debilita pesantemente il fisico, portando in alcuni casi alla morte per sfinimento.
Ma quest’anno con il numero record di persone (il 22 maggio erano in 250) che hanno dato l’assalto alla vetta dell’Everest nelle ultime due settimane – a causa di a una ridotta finestra meteo per tentare l’impresa – si sono creati ingorghi e file per arrivare in cima, che hanno obbligato alpinisti e aspiranti tali a restare per ore nella zona a rischio sopra gli 8 mila. Nella zona della morte, cervello e polmoni lottano disperatamente contro la mancanza di ossigeno, che a quella quota si riduce del 40%. Anche con scorte aggiuntive di aria, puo’ sembrare di “correre su un tapis roulant e respirare attraverso una cannuccia”, ha spiegato lo scalatore americano David Breashears.
Le autorità nepalesi hanno concesso 367 permessi a stranieri e 14 a locali per quest’anno, a 11 mila dollari l’uno, aumentando la quota rispetto al passato. Di fronte alle accuse di aver voluto fare cassa sulla pelle degli alpinisti, Kathmandu ha negato, sostenendo che il problema sono stati i pochi giorni di meteo buono quest’anno che hanno costretto tutti ad ammassarsi per conquistare l’Everest.