Anche il positrone, ossia la corrispondente antiparticella dell’elettrone, ha una doppia natura: è sia onda che particella. Questa sua caratteristica è stata ricavata osservando per la prima volta l’interferenza di onde di antimateria con singoli positroni, e conferma che le leggi della meccanica quantistica valgono anche per l’antimateria.
Si tratta della versione con singole particelle di antimateria del classico esperimento di interferenza della doppia fenditura, realizzato per la prima volta con fotoni da Thomas Young, proposto poi a livello concettuale con singole particelle da Albert Einstein, e quindi realizzato con singoli elettroni da Gian Franco Missiroli, Pier Giorgio Merli e Giulio Pozzi e pubblicato nel 1976.
I ricercatori del Politecnico di Milano, dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, dell’Università degli Studi di Milano e del Centro Albert Einstein (AEC) per la Fisica Fondamentale e Laboratorio di Fisica delle Alte Energie (LHEP) dell’Università di Berna, sono, infatti, riusciti nella sofisticata impresa di realizzare l’esperimento impiegando singoli positroni.
“I grandi successi non si ottengono solo nei grandi laboratori, – commenta Rafael Ferragut, responsabile del Laboratorio Positroni L-NESS del Politecnico di Milano a Como, che ospita l’esperimento – questo risultato è il frutto del lavoro tenace ed entusiasta di un piccolo gruppo di ricercatori appassionati”.
Nell’esperimento, che si basa sulla tecnica dell’interferometria, ‘le onde’ di antimateria, generate da un singolo positrone, quando interferiscono costruttivamente collassano e si localizzano in un punto, comportandosi come ‘una singola particella’, e vengono così rivelate, dimostrando per la prima in modo diretto che il dualismo onda-particella vale anche per l’antimateria. Lo studio è stato pubblicato il 3 maggio, su Science Advances.
“Il successo di questo nostro esperimento apre la strada dell’interferometria quantistica per sistemi con antimateria”, sottolinea Marco Giammarchi, ricercatore della sezione INFN di Milano e responsabile della collaborazione QUPLAS (Quantum interferometry with Positrons and LASers) che ha realizzato l’esperimento.
Nel classico esperimento della doppia fenditura, un fascio di particelle viene lanciato da una sorgente a un rivelatore. Nel corso del tragitto sono poste delle grate con due fenditure attraverso le quali passano le particelle. Se le particelle si comportassero solo come particelle, allora viaggerebbero in linea retta e produrrebbero sul rivelatore un disegno corrispondente alle fenditure. Ma se le particelle hanno una natura ondulatoria, sul rivelatore allora appare una figura a strisce, con diversi massimi e minimi, che non corrisponde alle fenditure. La nuova figura è generata dall’interferenza delle onde che passano attraverso le fenditure.
L’esperimento della collaborazione QUPLAS
Dal punto di vista concettuale, per interpretare il risultato dell’esperimento è, quindi, necessario considerare che una singola particella si propaghi nello spazio anche come una vibrazione periodica, ossia come un’onda: un concetto introdotto da Louis de Broglie nel 1923. Dal punto di vista tecnico, per la sua realizzazione, i ricercatori hanno progetto e implementato un apparato estremamente accurato e di altissima precisione.
“Dimostrare l’interferenza di particella singola è stato possibile grazie a tre elementi cruciali: un fascio di positroni a particella singola, un interferometro in modalità Talbot-Lau progettato appositamente, e le emulsioni nucleari come rivelatore di alta risoluzione”, spiega Simone Sala, dell’Università degli Studi di Milano, la cui tesi di dottorato è incentrata su questo esperimento.
“Siamo molto soddisfatti che le emulsioni nucleari si siano dimostrate una soluzione vincente per il successo del nostro esperimento e che abbiano potuto trovare ancora una volta applicazione in un progetto rilevante”, sottolinea Ciro Pistillo, dell’AEC e del LHEP di Berna.
L’esperimento consiste, infatti, di tre elementi principali: il fascio, l’interferometro e il rivelatore. Il fascio di positroni singoli di energia ben determinata è stato collimato per migliorarne la qualità di parallelismo. L’interferometro consiste in due serie di fenditure micrometriche con un alto grado di parallelismo e periodicità. La prima serie di fenditure è stata utilizzata per dare coerenza alle onde singole. In seguito, le onde si propagano nello spazio per una certa distanza sino ad arrivare alla seconda serie di fenditure dove formano fronti di onde secondarie. Queste onde interferiscono fra loro in modo costruttivo o distruttivo formando una figura o diagramma di interferenza sulle emulsioni posizionate più distanti. L’originalità di aver usato una configurazione asimmetrica dell’interferometro consente di avere un ingrandimento, pari a cinque volte, della periodicità rispetto alla prima fenditura. In questo modo, la periodicità presente nella figura di interferenza ottenuta sulle emulsioni è stata di circa 6 micrometri. Si è trattato di un lavoro di estrema accuratezza. Per due anni sono stati raccolti dati, e parallelamente sono stati apportati miglioramenti all’interferometro, sino a riuscire a vedere la risonanza con un segnale di alta visibilità. Per ogni misura è stata accumulata una statistica di circa venti milioni di positroni sulle emulsioni, uno alla volta, per un tempo di circa 8 giorni. L’andamento della visibilità delle frange in funzione dell’energia dimostra inequivocabilmente la natura quantistica dell’interferenza.
Ora, l’obiettivo a lungo termine dell’esperimento è utilizzare la straordinaria accuratezza dell’interferometria per misurare l’interazione gravitazionale materia-antimateria.