La scienza ha voluto affrontare l’annosa questione del sapore molto spesso perduto di uno degli ingredienti principe della dieta mediterranea: il pomodoro.
I ricercatori dei centri Agricultural Research Service (Ars) e Boyce Thompson Institute (Bti) negli States hanno scatenato una vera caccia al gene, mappando quasi 5 mila geni mai documentati finora, pur di arrivare all’élite del sapore del pomodoro. E potrebbero aver portato alla luce la soluzione, in uno studio pubblicato su “Nature Genetics“.
Per fare questo due studiosi hanno costruito il “pan-genoma” del pomodoro coltivato e dei suoi parenti selvatici, il biologo molecolare James Giovannoni con il laboratorio di ricerca Ars Plant, Soil and Nutrition, e il bioinformatico del BTI Zhangjun Fei, entrambi di base a Ithaca, New York. Si tratta di una “mappa biologica” che include tutti i geni di 725 diversi pomodori coltivati e selvatici strettamente correlati fra loro.
Questa famiglia ha rivelato per la precisione 4.873 geni che erano assenti dal genoma di riferimento originale. Il pan-genoma aiuta a identificare quali geni aggiuntivi, oltre quelli di riferimento, potrebbero essere disponibili per il miglioramento delle colture. Nei tempi moderni, i coltivatori si sono concentrati più su caratteristiche quali la resa, la durata di conservazione, la resistenza alle malattie e la tolleranza allo stress, importanti dal punto di vista economico. Gli scienziati invece si sono messi in cerca della “quintessenza” del sapore, del suo DNA.
“Una delle scoperte più importanti derivate dalla costruzione di questo pan-genoma – dice Giovannoni – è una forma rara di un gene battezzato TomLoxC“, che ha la capacità di influenzare positivamente il sapore – con una varietà di sfumature floreali e fruttate– ed è stata trovata solo nel 2% delle varietà di pomodori più grandi o coltivati, sebbene fosse presente nel 91% dei pomodori selvatici.