Un paragone sempre verde quello della tolleranza del dolore tra donne e uomini, ed a venire in contro alla soluzione ci aiuta la neuroscienza.
Il dolore si differenzia in acuto e cronico: il primo, cosiddetto il dolore utile, viene finalizzato ad allertare il corpo su stimoli dannosi presenti all’esterno o all’interno del corpo. Il dolore cronico, invece, può perdurare anche per anni e ha molto spesso un pesante impatto nella quotidianità dei soggetti colpiti. Il dolore cronico può associarsi, inoltre, a manifestazioni neurovegetative, affettive ed emotive e quindi ad ansia e depressione.
L’ultimo Congresso nazionale della SNO – Società delle neuroscienze ospedaliere – ha affrontato, grazie al suo carattere multidisciplinare, i diversi aspetti che possono portare al dolore cronico. In particolare, nella sessione dedicata al gruppo di studio nazionale sulla Medicina di genere, coordinato dalla dottoressa Marina Rizzo, neurologo e dirigente medico presso l’AOOR di Palermo. “Tra i molteplici fattori che possono contribuire alle diverse espressioni delle manifestazioni del dolore, dobbiamo distinguere fattori legati al sesso e, in particolare agli ormoni, come anche fattori connessi al genere che risentono della soggettività e delle influenze sociali, culturali e politiche“, ha spiegato. Per quanto riguarda i modelli di tolleranza al dolore, l’esempio emerso durante i dibattiti è stata la frase “non piangere come una femminuccia”, che denota l’importanza del contesto che può influenzare le risposte agli stimoli dolorosi. Gli uomini sono portati in genere a non mostrare il proprio dolore e a ignorarlo, mentre le donne sviluppano maggiori strategie di sopportazione e sono più portare a relazionarsi con il medico.
“Questi dati sono emersi solo negli ultimi anni – ha affermato la dottoressa Rizzo -. Bisogna, infatti, ricordare che, fino agli anni ’90, non vi sono in letteratura studi sul dolore della donna, in quanto esclusa da qualsiasi trial clinico. Gli studi recenti hanno, invece, dimostrato come la prevalenza del dolore è identica tra maschi e femmine sino alla pubertà. Aumenta nelle donne dopo il menarca, mentre tale sensibilità al dolore continua a modificarsi a ogni ciclo mestruale, con una maggiore sensibilità nella fase luteale, pre-mestruale, portando infiammazioni in tutti i distretti corporei. Gli ormoni sessuali maschili hanno, invece, un ruolo protettivo sul dolore. Recentemente, poi, veniamo a sapere che il testosterone ha un ruolo protettivo verso il dolore cronico, così come la riduzione degli androgeni si associa al suo aumento“.Vi è quindi una necessità di trovare nuovi metodi per migliorare le strategie di trattamento individualizzate per la gestione del dolore negli uomini e nelle donne; nonché la necessità di una ricerca “sesso specifica”.
Infine, gli ultimi studi, suggeriscono che il dolore viene sopportato in maniera diversa tra i due sessi e che la tolleranza è data da fattori che possono essere esterni o interni e soggettivi da persona a persona che sia donna o uomo.