Il nord della Calabria è stato interessato nelle ultime settimane da diverse scosse di terremoto. Quella maggiormente avvertita dalla popolazione si è verificata il 1 maggio e ha fatto registrare una magnitudo 3.1 che ha scosso la Provincia di Cosenza. L’evento si è verificato verificata nella ‘Presila’, tra Santa Sofia d’Epiro, Bisignano e Acri, ed è stata avvertita fino a Cosenza, Rende, Paola, Montalto Uffugo, Luzzi, Corigliano Calabro, Dipignano, Mendicino e Rossano. La scossa si è verificata alle 15:52 ad appena 5.9 km di profondità, ed è stata seguita da una replica di magnitudo 2.5 alle 15:55. Poco prima, alle 14:12, c’era stata una prima scossa più lieve, di magnitudo 2.0. Nella zona di Santa Sofia d’Epiro e Bisignano è da settimane che si verificano scosse di questa entità. Fortunatamente non si sono verificati danni.
Un’importante sequenza sismica nella zona del Pollino, tra Calabria e Basilicata, si era verificata tra il 2010 e il 2012, anni caratterizzati da periodi di attività frequente intervallati da periodi di relativa calma. L’area del Pollino ha fatto registrare in quel periodo oltre 6100 terremoti, la maggior parte dei quali di magnitudo inferiore a 3. Ben 46 eventi hanno avuto magnitudo tra 3.0 e 4.0, 2 eventi di magnitudo tra 4.0 e 5.0 ed uno di magnitudo ML pari a 5.0 (Mw 5.2), avvenuto il 26 ottobre 2012, come spiegato sul sito web INGV. L’area presa in considerazione si estende a sud dell’Appennino meridionale e comprende la parte montuosa del Pollino, tra le province di Potenza e Cosenza. L’area è compresa tra due zone ad alta sismicità caratterizzate da forti terremoti storici. A nord, il terremoto più rilevante – secondo i dati INGV – è quello del 1857 di magnitudo 7.0, che colpì la Val D’Agri, e a sud i terremoti più importanti, con magnitudo superiore a 6.5, sono localizzati nella Sila.
Ripercorrendo a ritroso la storia sismica del massiccio del Pollino, scopriamo che nel passato non ha visto terremoti distruttivi, ovvero con una magnitudo superiore a 6, ed è quindi considerato come una zona di gap sismico, cioè un’area dove l’occorrenza dei terremoti è storicamente scarsa o quasi nulla. Diversi studi paleosismologici, però, che hanno preso in esame terremoti anche molto antichi, hanno individuato prove concrete dell’esistenza di importanti faglie attive: la faglia del Pollino e la faglia di Castrovillari.
L’INGV, dopo la sequenza sismica 2010-2012 aveva pianificato ulteriori attività e progetti di ricerca per il miglioramento delle conoscenze del potenziale sismogenetico di quest’area, proponendola al DPC come area di studio dei progetti da sviluppare nel 2012-2013 e negli anni futuri. Secondo il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI11) uno dei massimi terremoti avvenuti nella zona del massiccio del Pollino è quello dell’8 gennaio 1693 con una magnitudo di 5.7. Per quest’area il CPTI11 riporta altri eventi con magnitudo inferiore a 6: quello del 1708 con magnitudo stimata 5.5 e l’evento del 1998 di magnitudo pari a 5.6. Questi eventi non hanno prodotto intensità macrosismiche superiori al grado VIII-IX della Scala Mercalli (MCS), come evidenziato dalle storie sismiche di Mormanno, Viggianello e Castrovillari.
Il fatto che la sismicità storica sia relativamente inferiore a quella di altre zone con la medesima pericolosità sismica costituisce una contraddizione soltanto apparente, spiega INGV. La pericolosità sismica, infatti, viene determinata considerando diversi e molteplici fattori. “La mappa di pericolosità sismica che individua le aree dove ci si possono attendere scuotimenti sismici di diversa forza, in qualsiasi momento e quindi anche in assenza di sequenze sismiche, è tuttora lo strumento più efficace che la comunità scientifica mette a disposizione per le politiche di prevenzione. La prevenzione, che si realizza principalmente attraverso la riduzione della vulnerabilità sismica delle costruzioni, ovvero il rafforzamento delle costruzioni meno resistenti al sisma, resta la migliore difesa dai terremoti e l’unico modo per ridurne le conseguenze immediate” spiegano gli esperti INGV.