Partirà negli Stati Uniti uno studio su 400 pazienti oncologici (età media 66 anni) per verificare come l’uso della cannabis può aiutarli o meno a gestire la malattia. La cannabis è usata da milioni di pazienti che lottano ogni giorno contro il cancro per alleviare i dolori e “alcuni piccoli studi hanno mostrato che può avere un ‘effetto’ anti-tumorale sinergico alle chemioterapie, ma mancano studi conclusivi su larga scala e prove concrete”.
Lo ha spiegato Claude Cyr, fondatore di Doctor for Resposabile access (Dra), organizzazione no-profit canadese, in una sessione dell’Asco (American Society of Clinical Oncology) che si è aperto oggi a Chicago. La cannabis è “usata anche per alleviare la nausea e il vomito associata alla chemioterapia – aggiunge Cyr – ma la sfida maggiore per gli oncologi non è focalizzarsi esclusivamente sulla sua capacità di gestire i dolori dei pazienti, ma sul fatto che queste persone hanno una qualità della vita da difendere”.
Lo studio sarò coordinato da Brooke Worster, ricercatrice della Thomas Jefferson University, che lavora sulle implicazioni di due composti principali della cannabis, il Thc e il Cbd, e su come cambiano i loro effetti sul metabolismo delle persone anziane. “Ci sono alcuni studi su modelli animali – spiega la ricercatrice – ma in generale c’è poca attenzione scientifica su come la cannabis può incidere sui tumori, perché rimane il pregiudizio che sia ancora una droga”.