Sono passati 10 anni dal primo giugno 2009, quando il volo AF 447 Rio-Parigi sprofondò nell’Atlantico uccidendo 228 persone, tra cui nove italiani. E nonostante il tempo trascorso un alone di mistero rimane avvolto intorno a quell’incidente.
Lo schianto avvenne a metà strada tra America e Africa, in mare, è già da subito il disastro del volo Air France 447 si annunciò come un rompicapo per i tecnici incaricati di ricostruirne le cause. Una sola certezza: quella che l’Airbus 330 non aveva problemi prima della partenza e che al momento dell’incidente attraversava una turbolenza, ma l’evento da solo non era sufficiente a spiegare l’accaduto.
Per trovare la scatola nera ci vollero due anni e per un primo rapporto ufficiale si dovette attendere il 2012. Ma ancora oggi non sembra esserci un accordo univoco sulle responsabilità per l’incidente. Due le ipotesi contrapposte, da un lato, Airbus insiste sugli errori commessi dall’equipaggio. Dall’altra, i sindacati dei piloti, Air France, e le famiglie delle vittime rifiutano che la colpa sia interamente attribuita ai piloti e denunciano l’opacità delle perizie. Un mistero irrisolto a cui forse non basteranno altri 10 anni per venirne a capo.