Il Diavolo della Tasmania e il cancro infettivo: stava per estinguersi, ma ha sviluppato la giusta resistenza

Si tratta di una forma di cancro particolarmente aggressiva e violenta che infetta gli animali nel momento in cui vengono a contatto con le cellule malate
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Il Diavolo della Tasmania è in pericolo. Un tumore che si trasmette da animale ad animale con il morso lo sta decimando. Si tratta di una forma di cancro particolarmente aggressiva e violenta che infetta gli animali nel momento in cui vengono a contatto con le cellule malate. La buona notizia, per la specie in questione, è che secondo i ricercatori l’evoluzione gli sta venendo in soccorso: il Diavolo della Tasmania sta infatti sviluppando una resistenza alla malattia.

Inizialmente si pensava che la malattia, la quale non ha ancora una cura mirata, fosse dovuta ad un virus; solo di recente si è scoperto che il passaggio da un esemplare all’altro avviene attraverso il passaggio di cellule tumorali. Dunque, nel DFTD le cellule del cancro sono anche gli agenti infettivi. Gli studi su questo tumore sono stati fino ad ora molteplici, proprio nell’eventualità, seppur remota, che possa crearsi una simile forma di cancro anche per gli esseri umani.

Il Diavolo della Tasmania è una specie vive solo in Tasmania , isola a sud dell’Australia, perché sulla terraferma si è estinto a causa del dingo, il cane selvatico australiano. Si nutre di carne ed è un animale molto aggressivo, non solo nei confronti delle altre specie, ma anche verso i propri simili. La rapida e capillare diffusione del DFTD (Tasmanian devil facial tumor disease, ovvero tumore facciale del Diavolo di Tasmania, è dovuta proprio all’abitudine dell’animale di mordere sulla faccia gli altri esemplari delle specie. Il tumore in questione è uno delle rarissime forme di cancro trasmissibili, proprio come il tumore venereo trasmissibile del cane e un particolare tumore che colpisce i molluschi.

Si tratta di una malattia che non lascia scampo: ha una mortalità quasi del 100%, e ha iniziato a diffondersi tra i Diavoli della Tasmania già dal 1996, uccidendo l’80% degli animali in pochissimo tempo. Di recente, però, sono stati trovati animali sani in zone colpite dal tumore, dunque devono aver sviluppato una resistenza alla malattia.

Un’equipe di ricercatori della Washington State University, guidata da Andrew Storfer, ha preso in esame il Dna di 294 animali presenti nelle zone contaminate prima e dopo l’arrivo del tumore, scoprendo così che gli animali non colpiti dal tumore presentano, in due regioni del genoma correlate alle funzioni immunitarie, geni mutati rispetto alle stesse regioni prima dell’arrivo del tumore.

Si è trattato dunque della risposta che l’evoluzione ha dato, in sole 4-6 generazioni, al pericolo del tumore, il quale non si trasmette solo attraverso i morsi, ma anche tramite l’accoppiamento o il consumo di una preda contaminata dalla saliva di un animale malato.

 

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