Emicrania: una patologia al femminile, invalidante eppure ancora sottovalutata

Per il 90% di chi ne soffre, l’emicrania è socialmente sottovalutata
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L’emicrania: una patologia sottovalutata. L’emicrania è una patologia che tende a essere sottovalutata e spesso rimane non diagnosticata e non trattata. Il 41,1% dei pazienti ha aspettato più di un anno prima di rivolgersi al medico dopo il primo episodio e il 36,7% ammette di aver derubricato il proprio «mal di testa» come un disturbo che è normale avere di tanto in tanto, il 28,7% lo ha considerato un problema passeggero e l’8% un lieve fastidio. Il 49,6% conferma che il ritardo nel rivolgersi al medico è dovuto alla iniziale capacità di tenere sotto controllo il disturbo attraverso l’assunzione di farmaci da banco. È quanto emerge dalla ricerca «Vivere con l’emicrania», realizzata dal Censis con la sponsorizzazione di Eli Lilly, Novartis e Teva. Grazie alla collaborazione delle Società scientifiche che si occupano di emicrania e cefalea a grappolo e delle Associazioni dei pazienti è stato possibile interpellare un campione di 695 pazienti dai 18 ai 65 anni con diagnosi di emicrania. È stato realizzato anche un focus sui pazienti colpiti da cefalea a grappolo, una forma infrequente di cefalea primaria particolarmente dolorosa.

Più colpite le donne. L’emicrania colpisce l’11,6% della popolazione, ma è tre volte più frequente tra le donne: il 15,8% contro il 5% dei maschi. L’emicrania cronica (più di 14 giornate di emicrania al mese) viene riscontrata soprattutto tra i più anziani (il 42,2% dei pazienti 55-65enni) e tra le donne (il 36,3% contro il 29,9% degli uomini). Per buona parte dei pazienti l’insorgenza dell’emicrania è avvenuta in epoca giovanile: l’età media all’insorgenza dei primi sintomi è di 22 anni. L’esordio precoce appare più frequente tra le donne: il 42,1% (rispetto al 26% degli uomini) data la comparsa dei sintomi prima dei 18 anni. Nel complesso la malattia appare più condizionante per le donne, che definiscono «scadente» il proprio stato di salute nel 34,1% dei casi contro il 15% degli uomini.

Tempi lunghi prima di interpellare il medico. Nel percorso di riconoscimento della patologia il ricorso al medico non sempre è immediato. Il 41,1% dei pazienti ha aspettato più di un anno (oltre il 20% ha aspettato 5 anni o più), il 18,8% tra 6 e 12 mesi, il 26,5% fino a 6 mesi. Solo il 13,6% ha consultato il medico appena i sintomi si sono palesati. Il ritardo è causato dalla tendenza a minimizzare il problema, legata alla difficoltà di associare al mal di testa un potenziale pericolo concreto per la salute.

Informati, ma non del tutto soddisfatti. I pazienti si dichiarano in larga maggioranza (oltre l’80%) molto o abbastanza informati circa l’emicrania. I professionisti sanitari sono la fonte più citata (83,7%), in particolare il neurologo (48,6%). Ma non è modesta la percentuale di quanti indicano internet come fonte informativa (43,2%). I pazienti non esprimono però un giudizio nettamente positivo sulle informazioni in loro possesso: il 45,2% segnala di aver ottenuto tutte le informazioni di cui aveva bisogno, ma il 49,1% manifesta insoddisfazione. Sono frequenti le testimonianze di difficoltà a comprendere la malattia di cui sono affetti. Il 36% individua nell’emicrania una vera e propria patologia, risultato di una disfunzione biologica del sistema nervoso, ma molti la assimilano a un sintomo derivante da qualche altro disturbo (il 16,2% la associa a problemi ormonali, il 12,1% a una patologia oculistica, dei seni paranasali o della cervicale, l’8,7% a un disagio psicologico, l’8,2% a uno stile di vita scorretto).

L’accesso ai farmaci è gratuito solo per una minoranza. Nel caso della terapia sintomatica, i pazienti ricorrono in misura maggiore (82,3%) alla somministrazione di farmaci analgesici/antiemicranici soggetti a prescrizione (in quasi la metà dei casi di tratta di triptani), mentre il 31,8% utilizza medicinali da banco. L’adesione a una strategia di prevenzione dell’attacco emicranico riguarda il 61% dei pazienti ed è più comune tra quelli cronici (71,8%). I farmaci soggetti a prescrizione sono stati ottenuti in gran parte attraverso il Servizio sanitario nazionale, ma solo per il 19,5% in modo totalmente gratuito, mentre per il 42,7% attraverso il pagamento del ticket. Il 37,8% invece ha affrontato i costi totalmente out of pocket.

Limitato il ricorso ai Centri specializzati, il neurologo è il punto di riferimento.Complessivamente, poco più del 30% dei pazienti usufruisce delle cure dei Centri dedicati al trattamento delle cefalee. In particolare, vi si rivolge il 50,4% di chi soffre di emicrania cronica e il 35% delle donne. E solo il 15,4% considera il Centro come il punto di riferimento per la cura dell’emicrania. Più del 55% individua nello specialista il proprio interlocutore primario (per il 20% si tratta di un neurologo che opera all’interno del Servizio sanitario nazionale, per il 19,7% di un neurologo che esercita privatamente) e il 25,5% fa riferimento al proprio medico di medicina generale.

Il forte condizionamento sulle attività quotidiane. La durata media per singolo attacco, se non debitamente trattato, nel 46% dei casi è pari a 24-48 ore. Nell’ultimo mese il 44,3% dei pazienti ha contato tra i 6 e i 15 giorni accompagnati dal dolore, che è segnalato da circa l’80% come l’aspetto più penalizzante. Il 69,9% non riesce a fare nulla durante l’attacco, il 58% vive nella costante paura dell’insorgenza dei sintomi. Per quasi il 28% dei pazienti (il 26% degli uomini, il 28,4% delle donne, il 38,1% dei cronici) l’emicrania ha inciso sulla propria attività professionale, per il 18% sul percorso di studi. Quasi il 90% denuncia il fatto che la malattia è sottovalutata socialmente. Simile è la percentuale (95,3%) dei pazienti con cefalea a grappolo che la pensano allo stesso modo. Si tratta di una patologia fortemente condizionante, che richiede tempi lunghi di diagnosi (mediamente 6 anni) e su cui è necessario diffondere informazioni. Tra le priorità segnalate dai pazienti vi è il miglioramento della formazione dei medici su questa specifica patologia (61,2%).

Questi sono i principali risultati della ricerca «Vivere con l’emicrania», presentata oggi a Roma da Ketty Vaccaro, Responsabile dell’Area Welfare e salute del Censis, e discussa da Elio Agostoni, Direttore della Struttura complessa di Neurologia e Stroke Unit dell’Ospedale Niguarda di Milano, Piero Barbanti, Direttore dell’Unità per la Terapia e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’Istituto San Raffaele Pisana di Roma, Paola Boldrini, Membro della 12ª Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, Gioacchino Tedeschi, Presidente eletto della Società Italiana di Neurologia (Sin), Maria Teresa Bressi, Coordinamento nazionale Associazioni malati cronici di Cittadinanza Attiva, Gianluca Coppola, Neurologo ricercatore dell’Università Sapienza di Roma, Alessandro Giua, Vice Presidente di Ouch Italia, Lara Merighi, Coordinatrice Al.Ce. Group Italia.

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