Nelle ultime ore, sta facendo molto discutere il caso di Noa Pothoven, ragazza olandese che a 17 anni ha deciso di mettere fine alla sua vita a causa dell’”insopportabile sofferenza” che provava dopo ripetuti abusi subiti quando era ancora una bambina. La giovane è morta domenica 2 giugno ma la vicenda rimane poco chiara e avvolta nel mistero. I media olandesi non avevano dato molto rilievo alla notizia, che invece ha fatto il giro del mondo dopo essere stata riportata dal tabloid inglese Daily Mail, che sembrerebbe essere stato il primo ad usare la parola “eutanasia” in merito alla vicenda, scatenando poi un incredibile effetto a catena che ha messo in risalto la storia della giovane e riacceso il dibattito sull’eutanasia legale.
Senza dubbio, tutta la vicenda è drammatica e sconvolgente: qualunque sia la verità, ci troviamo di fronte al dramma di una giovane ragazza che per la grande sofferenza patita non riusciva più a vivere e ha preferito morire. Se si trattasse davvero di eutanasia, che in Olanda è legale dal 2002 (ovviamente sotto rigide condizioni), la vicenda sarebbe di grande interesse pubblico, ma nelle ultime ore circola anche la notizia secondo cui a Noa sarebbe stato negato il diritto all’eutanasia e che la ragazza si sia quindi lasciata morire, smettendo di bere e mangiare. In questo caso, la vicenda assumerebbe contorni molto più personali e delicati.
L’adolescente olandese di Arnhem ha sentito che la sua vita era diventata insopportabile e che non riusciva più ad andare avanti. Noa ha scritto un’autobiografia, chiamata “Winnen or Leren” (“Vincere o Imparare”), sulla sua lotta con i disturbi mentali, in cui raccontava di essere stata ripetutamente molestata e violentata in giovane età. Per questo, aveva sofferto di stress post-traumatico, depressione e anoressia. Per anni, Noa ha tenuto per sé l’orribile segreto delle violenze subite per “paura e vergogna”, scrivendo un diario che poi sarebbe diventato il suo libro, in cui raccontava di sentirsi “sporca” e di “rivivere quel dolore e quella paura ogni giorno”.
In un post sui social prima della sua morte, Noa ha reso pubblica la sua decisione: “Ho riflettuto per un bel po’ se condividere questo, ma ho deciso di farlo. Forse questa sarà una sorpresa per alcuni, considerati i miei post sul ricovero, ma la mia intenzione c’è da molto tempo e non è impulsiva. Andrò dritta al punto: entro massimo 10 giorni morirò. Dopo anni di lotta e battaglia, sono svuotata. Ho smesso di bere e mangiare da un po’ e dopo molte discussioni e valutazioni, è stato deciso di lasciarmi andare perché la mia sofferenza è insopportabile”. Noa ha aggiunto che non ha mai sentito di essere viva, bensì di sopravvivere, scrivendo: “Respiro, ma non vivo più”. Infine, ha chiesto ad amici e follower di non cercare di convincerla a cambiare idea, perché la sua decisione era definitiva.
Poi la notizia della morte pochi giorni fa, secondo cui la giovane sarebbe morta in un letto d’ospedale nel salotto di casa sua. Come detto, la vicenda non ha avuto grande risalto sui media olandesi e questo potrebbe lasciar intendere che non si sia trattato di un caso di eutanasia legale. Sul caso si è espresso anche Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che in un post sulla sua pagina Facebook ha scritto: “L’Olanda ha autorizzato #eutanasia su una 17enne? Falso!!! I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva rifiutato l’eutanasia a #Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentite e scuse“. Anche Papa Francesco ha commentato la vicenda su Twitter: “L’eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta a cui siamo chiamati è non abbandonare mai chi soffre, non arrendersi, ma prendersi cura e amare per ridare la speranza”.
Rimane il grande dramma di una vita rovinata per sempre fin dalla tenera età da ripetuti abusi che hanno svuotato la giovane ragazza al punto da preferire la morte ad una vita di simili sofferenze.