Un’ennesima morte a Taranto per tumore. E’ avvenuta la scorsa notte e ad aver perso la vita dopo una lunga sofferenza, è un operaio dello stabilimento siderurgico ex Ilva, di 48 anni, deceduto dopo aver combattuto contro un tumore ai polmoni che gli era stato diagnosticato due anni fa. Lavorava nel reparto Treni nastri 2 dell’ex Ilva. “Ciao amico mio, riposa in pace“, scrive su Facebook Stefano Sibilla, segretario della Flmu Cub di Taranto. “In questa città – aggiunge – la vita è crudele grazie alla mala politica, anche sindacale“. Sibilla spiega che “a Luca nel 2017 fu diagnosticato un tumore ai polmoni. Dal 2017 ad oggi aveva vissuto un bruttissimo calvario. I suoi occhi si sono spenti stanotte“.
“Questo – attacca l’esponente della Federazione lavoratori metalmeccanici uniti – è un altro omicidio di Stato. Voi cari colleghi, sì, solo voi potete fermare questa mattanza, siete i primi esposti a tutto il male che quella fabbrica sprigiona, dovete capire tutti che quella fabbrica non è più compatibile con la vita umana“.
Intanto, i cittadini italiani che lo scorso gennaio fecero condannare dalla Corte di Strasburgo l’Italia per le emissioni dell’Ilva, hanno chiesto un nuovo giudizio sul merito attraverso il rinvio del caso alla più alta istanza della Corte, la Grande Camera. Lo ha reso noto la stessa Corte, affermando che deciderà se accettare o meno la richiesta lunedì prossimo. Una richiesta finalizzata a ottenere il riconoscimento della responsabilità dello Stato anche per i danni causati alla salute.
Lo scorso 24 gennaio la Corte di Strasburgo aveva stabilito che “il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell’Ilva ha messo in pericolo la salute dell’intera popolazione, che vive nell’area a rischio“. La Corte aveva quindi condannato l’Italia per aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare dei ricorrenti affermando che le autorità non avevano preso tutte le misure necessarie per proteggere e informare i cittadini dei rischi. La Corte tuttavia non si era pronunciata, come invece chiedevano i ricorrenti, sugli effetti che le emissioni dell’Ilva avevano avuto sulla loro salute, e quindi non determinò se l’Italia era responsabile per le malattie contratte. Inoltre la Corte in quella sentenza, pur avendo chiesto allo Stato di agire più rapidamente possibile per assicurare la protezione della salute e dell’ambiente, non aveva accettato la richiesta di uno degli avvocati, Andrea Saccucci, di chiedere allo Stato la “sospensione immediata dell’attività più inquinante dell’Ilva“.