Caldo, sole, sabbia, mare. L’estate, che in genere ha effetti positivi sulla nostra salute e sul nostro umore, presenta anche diverse controindicazioni. Tra queste è sicuramente annoverabile l’orticaria, che in Italia colpisce almeno una volta nella vita circa 5 milioni di persone e in estate diventa molto più frequente per il concentrarsi di fattori irritanti: balneari o dietetici, complice il maggior consumo di pesche, fragole, crostacei, coquillage e vino.
E’ necessario conoscere i ‘pericoli’ e saperlo per proteggersi e scegliere i rimedi giusti, come avvertono gli esperti della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic), riuniti a Milano dal 27 al 29 giugno per il loro 32° Congresso nazionale. La causa del prurito non è sempre facile da identificare, spiegano tuttavia gli specialisti, e in questi casi si parla di ORTICARIA cronica spontanea di cui soffrono circa 600 mila connazionali.
Nel 30% dei pazienti questa forma è insensibile agli antistaminici e si deve ricorrere al cortisone, gravato però da noti effetti collaterali se l’assunzione è lungo termine. Per circa 5 mila malati, i più difficili, la soluzione potrebbe essere una terapia con farmaci biologici che però solo poco più di 2 mila stanno seguendo. Eppure “erogare a tutti omalizumab, anticorpo monoclonale approvato per l’ORTICARIA cronica – calcola la Siaaic – costerebbe da 15 milioni di euro a un massimo di 25 mln, mentre i costi diretti e indiretti di un’ORTICARIA trattata in maniera inefficiente ammontano a circa 40 mln l’anno fra eventi avversi da cortisonici e assenze dal lavoro per i disagi provocati dal prurito che non passa mai”.
“Oggi il sistema sanitario purtroppo rimborsa la terapia per un massimo di 11 mesi, che per alcuni casi più complessi possono essere insufficienti”, affermano gli specialisti. “A seguito delle proteste dei pazienti – ricordano – l’Agenzia italiana del farmaco Aifa si è impegnata a verificare se la rimborsabilità possa essere estesa oltre i 12 mesi in casi specifici“, e presentando il meeting al via nel capoluogo lombardo la Siaaic lancia oggi “un appello perché i piani terapeutici possano essere allungati e sia così tutelata al meglio la salute dei pazienti“.
“L’estate è un momento critico per la pelle – spiega Gianenrico Senna, presidente eletto Siaaic, azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona – La sudorazione aumenta il prurito, i raggi solari e l’acqua salata di mare irritano la cute, la temperatura elevata incrementa la vasodilatazione periferica e peggiora i sintomi cutanei: così ogni anno milioni di italiani vanno incontro ad almeno un episodio di ORTICARIA acuta in estate. Per ridurre i fastidi aiutano le docce fresche con acqua dolce subito dopo i bagni in mare“, come pure conviene “ripararsi con cappelli e magliette quando il sole è particolarmente intenso e fare attenzione alla dieta, evitando ciò che ci si accorge può scatenare il prurito“.
Una diagnosi corretta è infatti cruciale, evidenzia l’esperto: “L’ORTICARIA acuta, che si manifesta con un prurito molto intenso e pomfi arrossati, passa da sola in qualche ora o si risolve facilmente con gli antistaminici o con brevissime terapie con cortisonici. Ma va fatta attenzione se sono interessate le mucose – raccomanda Senna – perché quando a gonfiare in modo anomalo sono quelle delle prime vie respiratorie c’è il rischio di un edema della glottide. E’ perciò opportuno capire che cosa scatena la reazione, se certi alimenti, farmaci o il sole”.
In ogni caso “alcune forme di ORTICARIA possono non scomparire rapidamente, e se durano oltre 6 settimane l’ORTICARIA diventa cronica“. Non c’è una causa allergica alla base, ma pomfi, prurito e gonfiore si ripresentano improvvisamente e spontaneamente, specie nelle donne (colpite il doppio rispetto agli uomini) e con un’incidenza maggiore fra i 20 e i 40 anni. “Possono servire anche alcuni anni per risolvere l’ORTICARIA cronica – dice Oliviero Rossi, tesoriere Siaaic, azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze – Purtroppo però circa la metà dei pazienti non risponde agli antistaminici, la terapia di prima linea. Si è quindi costretti ad aumentare i dosaggi e poi a passare al cortisone, con cicli di una settimana, 10 giorni. Alcuni pazienti finiscono per assumerlo in cronico, ma ciò comporta molti effetti collaterali che vanno da un aumento del rischio di osteoporosi e fratture a un maggior pericolo di diabete e ipertensione. Per una piccola quota di casi, circa 5-10 mila pazienti che continuano ad avere i sintomi nonostante antistaminici e cortisone, sarebbe risolutivo il farmaco biologico omalizumab. Si somministra in iniezione sottocute una volta al mese e agisce rapidamente, senza particolari effetti collaterali“.
La terapia con omalizumab può essere proseguita per 6 mesi, poi va sospesa. E se l’ORTICARIA ricompare, dopo 2 mesi si può rifare un ciclo di 5 iniezioni fino appunto a un massimo di 11. “Il Servizio sanitario nazionale non rimborsa oltre – osserva Mario Di Gioacchino, vicepresidente Siaaic, Policlinico universitario di Chieti – e quindi i casi veramente gravi, che non passano, sono costretti a ritornare ai precedenti trattamenti con scarso controllo della malattia e tutti i disagi che ne conseguono”.
“Alcuni pazienti che ne hanno la possibilità – continua lo specialista – sono costretti ad acquistare di tasca propria il farmaco, a un costo di circa 500 euro al mese che può essere insostenibile per molti. I casi che hanno bisogno di una terapia così prolungata non sono pochi e giustamente le associazioni di pazienti stanno chiedendo a gran voce che vengano estesi i piani terapeutici possibili. Anche a seguito delle richieste dei malati, Aifa di recente si è finalmente detta disponibile a valutare la possibilità di rimborsare omalizumab oltre i 12 mesi in casi specifici e Siaaic aderisce all’appello dei pazienti perché possano avere la possibilità di curarsi al meglio”.
“Dobbiamo ricordare che i costi diretti e indiretti della patologia sono molto alti – ammonisce l’esperto – Una terapia risolutiva che annulli anche i costi connessi agli effetti collaterali dei cortisonici è perciò un’arma irrinunciabile“. Se “oggi meno della metà dei pazienti che sarebbero candidabili al biologico riceve la cura”, l’obiettivo è riuscire a “estenderla a tutti coloro che potrebbero trarne giovamento – conclude Di Gioacchino – senza costringere i malati a pagarla da soli creando inique disuguaglianze di accesso alla terapia”.