E’ stato dimostrato che l’esposizione alla polvere inorganica, a base di minerali come amianto, silice e carbone, rappresenta un fattore di rischio di gotta precedentemente sconosciuto. A rilevarlo è uno studio presentato oggi all’Annual European Congress of Rheumatology (EULAR 2019) in corso a Madrid, che segnala un aumento del pericolo soprattutto per le donne (+27%). La gotta è una malattia causata da depositi di cristalli di una sostanza chiamata acido urico – noto anche come urato – nelle articolazioni, che porta a forte infiammazione.
La patologia si manifesta con “attacchi” imprevedibili e debilitanti, che si sviluppano in poche ore e causano forti dolori. L’esposizione professionale a polvere inorganica era già stata collegata a un aumento di altre malattie reumatiche infiammatorie come l’artrite reumatoide, ma questo è il primo studio a considerare un potenziale legame con la gotta. Questa nuova analisi iniziale ha dimostrato un’associazione significativa tra la gotta e l’esposizione professionale alla polvere inorganica in tutti i pazienti. Tale associazione è stata ulteriormente approfondita utilizzando l’analisi multivariata di fattori di rischio correlati alla gotta e all’esposizione alla polvere inorganica.
Con queste “correzioni“, la relazione si è attenuata in tutti i pazienti, ma è rimasta significativa nelle donne. “Questa è la prima volta che viene dimostrata l’associazione fra l’esposizione professionale alla polvere inorganica e lo sviluppo della gotta“, ha dichiarato Valgerdur Sigurdardottir dell‘Università di Göteborg in Svezia. “Ora saranno necessari ulteriori studi per comprendere meglio i pericoli dell’esposizione alla polvere inorganica in relazione alla gotta e ad altre malattie reumatiche infiammatorie“.
Un’altra indagine presentata al congresso EULAR segnala infine che, secondo i dati raccolti in 14 Paesi europei, la gotta viene diagnosticata in ritardo, non è ben controllata né regolarmente monitorata. Le risposte ottenute da 1.100 pazienti affetti da gotta in Austria, Belgio, Francia, Danimarca, Germania, Irlanda, Malta, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e anche Italia hanno messo in evidenzia che un quarto non ha ricevuto diagnosi fino a che non ha avuto almeno 4 o più attacchi. Attacchi che proseguono per il 70% dei malati. Meno della metà dei pazienti viene monitorata due o più volte l’anno e il 59% non ha appuntamenti di follow-up regolari. Nonostante questo, otto persone su 10 affermano di essere soddisfatti del loro attuale trattamento e non si aspettano una migliore gestione della malattia.