E’ un ‘cold case’ preistorico ma comunque avvincente. In un cranio fossile del Paleolitico sono evidenti i segni di una morte violenta avvenuta 33.000 anni fa nell’attuale Transilvania. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Plos One dal gruppo internazionale di paleontologi di Romania, Grecia e Germania, coordinato dall’Universita’ tedesca Eberhard Karl di Tubinga. La parte superiore del cranio presenta una depressione e due fratture, legate a un violento trauma subito dal nostro antenato, che gli è stato fatale. Per diverso tempo i paleontologi hanno tentato di risolvere il giallo, domandandosi cosa avesse provocato le fratture, se un atto deliberato o un evento successivo alla morte.
Gli autori dello studio hanno effettuato analisi al computer con tecniche diagnostiche come la tac, unite a simulazioni su 12 modelli di cranio ricostruiti con ossa sintetiche. Hanno così testato gli effetti di traumi volontari alla testa, provocati ad esempio da rocce o altri corpi. E quelli di fratture accidentali, simulando la caduta da diverse altezze e con diverse angolazioni. Le analisi hanno messo in rilievo i dettagli di due fratture: una lineare alla base del cranio e la seconda, più profonda, nella parte destra della volta cranica. Le conclusioni dei paleontologi indicano che le ferite non sono accidentali, ma compatibili con colpi inflitti ripetutamente con un’arma come il corpo di un pipistrello. E’ stato un omicidio.