Il 28 luglio di ogni anno si celebra la Giornata mondiale dell’epatite, un’occasione per dare impulso a tutte le attività necessarie per sconfiggere questa infezione. Nel 2016, i Paesi del mondo hanno aderito al programma dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) con l’impegno di eliminare l’epatite virale entro il 2030.
Nel mondo, secondo i dati dell’OMS, sono:
- 325 milioni le persone con infezione da epatite B e C
- 1 milione 400mila i morti di epatite ogni anno.
In Italia, secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità (ISS):
- l’incidenza dell’epatite C è scesa da 5 casi/100.000 nel 1985 a 0,2 casi/100.000 nel 2016
- anche l’incidenza dell’epatite B è scesa da 12 casi/100.000 nel 1985 a 0,6 casi/100.000 nel 2016.
“Investire nell’eliminazione dell’epatite“, questo il claim della Giornata mondiale dell’epatite 2019.
L’epatite è la seconda principale malattia infettiva killer dopo la tubercolosi; le persone si infettano 9 volte in più rispetto all’HIV.
L’epatite B e l’epatite C possono rimanere per molti anni asintomatiche ma, se non trattate, con il tempo possono degenerare in cirrosi e tumore epatico.
Oggi – spiega il Ministero della Salute – uno dei principali ostacoli all’eliminazione di questa patologia è proprio il gran numero di persone che vivono per anni con l’epatite, inconsapevoli di esserne affetti. Sono le persone tra i 45 e i 60 anni di età ad avere maggiori probabilità di venire a contratto inconsapevolmente con i virus. Il rischio aumenta se si è stati sottoposti ad altri fattori di rischio come interventi chirurgici, trasfusioni, tatuaggi, ecc.
Riuscire a diagnosticare l’infezione nelle persone inconsapevoli è oggi la sfida principale nella lotta all’epatite.
Per poter rilevare la presenza del virus dell’epatite basta un semplice test, la diagnosi precoce può salvare diverse vite.
L’epatite C oggi può essere curata con successo e l’epatite B può essere prevenuta con la vaccinazione.