Brasile, la “giungla metropolitana” di Manaus divora l’Amazzonia: in tre anni persi 100 campi da calcio di foreste
È ormai pratica comune quella di distruggere porzioni di foreste con motoseghe e incendi per poi costruire insediamenti illegali fatti di casupole che ospitano decine di migliaia di nuovi residenti
L’inarrestabile espansione urbanistica di Manaus sta distruggendo la foresta pluviale dell’Amazzonia, minacciando la sopravvivenza di alcune popolazioni indigene. Negli ultimi tre anni, nella metropoli nord-occidentale del Brasile sono stati disboscati l’equivalente di 100 campi da calcio sui quali sono sorti insediamenti illegali fatti di casupole che ospitano decine di migliaia di nuovi residenti. La denuncia dell’ennesima causa di deforestazione del primo polmone del pianeta arriva da autorità locali, impotenti di fronte al crescente fenomeno, studiosi e ong ambientaliste che hanno coniato il termine di “giungla metropolitana“. Secondo loro Manaus, capitale del grande stato di Amazonas che sorge sulle rive del Rio Negro, “avrebbe potuto dare l’esempio al mondo di convivenza tra l’uomo e la natura, ma sfortunatamente non è il caso“, ha detto Marcos Castro, professore all’Università Federale dell’Amazonas.
È ormai pratica comune quella di distruggere porzioni di foreste con motoseghe e incendi per poi costruire insediamenti, come quello del Monte Horebe, nuova casa per 5 mila persone. Quello di Monte Horebe è uno dei tanti sorti alle porte di Manaus, 2 milioni di abitanti, dove nel 2018 le autorità hanno registrato in media un nuovo tentativo di “invasione” della foresta ogni 11 giorni. Si tratta di alloggi precari in zone senza servizi essenziali e con poche opportunità lavorative, escluse la pesca e l’agricoltura.
Oltre al danno irrimediabile del disboscamento, c’è anche quello dell’inquinamento ambientale: è emergenza per lo smaltimento delle acque nere e dei rifiuti, spesso scaricati nei fiumiciattoli locali, noti come ‘igarape’s’, ormai tutti inquinati, che confluiscono nel Rio Negro, che rifornisce in acqua Manaus. A complicare ulteriormente la situazione, gli effetti devastanti della crisi climatica che peggiore il degrado ambientale. E poi c’è anche la lotta, purtroppo poco risolutiva, delle autorità contro la criminalità organizzata, che controlla gli insediamenti illegali, tra cui la gang della droga della ‘Famiglia settentrionale’ a Monte Horebe.
Gli esperti puntano il dito contro il governo locale che non è riuscito a far fronte all’annosa emergenza abitativa e ad arginare prezzi delle case troppo alti. Secondo l’Istituto brasiliano di geografia e statistica, a Manaus mancano almeno 128 mila case. Ciononostante nello stato dell’Amazonas – la più grande area al mondo di riserve di foreste tropicali, cinque volte la Germania – in particolare a Manaus, affluiscono centinaia di migranti in fuga da Venezuela e Haiti. La stessa Manaus si è sviluppata in modo anarchico negli anni ’70, sulla scia dell’apertura di una zona di libero commercio che ha spinto migliaia di aziende ad aprire fabbriche, con tante opportunità di lavoro. La situazione è poi peggiorata dopo la chiusura, per impraticabilità, dell’autostrada di 870 chilometri tra Manaus e Porto Velho, che di fatto ha isolato la capitale dell’Amazonas, raggiungibile solo via mare o in aereo. Oggi con la prospettiva di una prossima riapertura dell’autostrada, è grande il timore per nuove ondate migratorie e per un peggioramento della crisi abitativa e ambientale.