Sanità: lotta alle liste d’attesa, quattro Regioni ancora senza piano

"A distanza di oltre 5 mesi dall'approvazione del nuovo Piano nazionale liste d'attesa, sono 4 le Regioni che non hanno ancora adottato un proprio piano regionale"
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La lotta alle liste di attesa ancora al palo in alcune Regioni. “A distanza di oltre 5 mesi dall’approvazione del nuovo Piano nazionale liste d’attesa (2019-2021), sono 4 le Regioni che non hanno ancora adottato un proprio piano regionale di governo delle liste di attesa: Provincia di Bolzano, Friuli-Venezia Giulia, Basilicata, Sardegna“. E’ la fotografia scattata da Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), che analizza lo stato dell’arte del nuovo Piano nazionale liste d’attesa, varato a febbraio di quest’anno e che avrebbe già dovuto raggiungere a livello di Regioni e aziende una serie di tappe operative.
Friuli-Venezia Giulia e Provincia di Bolzano, non hanno neanche recepito formalmente l’intesa Stato Regioni. La tempistica per il solo recepimento formale dell’Intesa da parte delle Regioni è stata molto differenziata: si passa ad esempio dai 35 giorni della Puglia, ai 70 della Campania, agli 84 della Liguria, agli 89 della Calabria, ai 102 della Sardegna, ai 137 della Lombardia“, aggiunge Aceti che sottolinea come “le liste di attesa rischiano l’impasse se il ministero non interverrà con il suo ruolo di reale garante per tutti dell’attuazione di un’innovazione reale delle politiche sanitarie regionali, in grado di essere percepita subito da parte dei cittadini“.
Il Piano “deve mettere al centro veramente – rimarca Aceti – la garanzia del diritto all’accesso alle prestazioni sanitarie e non, al contrario, altri interessi che nulla hanno a che vedere con i diritti dei pazienti. Il processo di attuazione del Piano a livello regionale e locale è quindi la vera partita per tutti, cittadini, professionisti e Ssn. Deve avvenire non soltanto formalmente ma soprattutto sostanzialmente, nel rispetto delle tempistiche e delle misure contenute all’interno del Piano Nazionale“. Le Regioni che hanno rispettato il termine dei 60 giorni entro il quale recepire formalmente l’intesa e adottare il proprio Piano regionale di Governo delle Liste di Attesa sono 5: Valle D’Aosta (56 giorni), Emilia-Romagna (52 giorni), Marche (53 giorni), Puglia (55 giorni), Sicilia (49 giorni). Di poco fuori tempo massimo, il Molise con 66 giorni, l’Umbria e la Toscana con 73 giorni.
Analizzando le misure inserite nei piani locali di chi li ha già predisposti, ad esempio per quanto riguarda l’ambito territoriale di garanzia che è quello grazie al quale si rispetta il principio di prossimità e raggiungibilità e all’interno del quale devono essere garantiti i tempi massimi di attesa – osserva Aceti – il Molise fa coincidere l’ambito di garanzia con l’intero territorio regionale (fino al 31 dicembre 2020); stessa scelta anche della Valle D’Aosta; la Calabria individua 3 aree territoriali/provinciali Nord-Centro-Sud, quindi fette di territorio molto ampio. Altre Regioni hanno adottato invece modelli differenti“.
La Toscana da una parte richiama come ambito di garanzia di norma la zona-distretto, dall’altro per alcune prestazioni, in considerazione dell’offerta disponibile, definisce un ambito di garanzia con un bacino demografico non superiore ai 400 mila abitanti. La Liguria invece definisce l’ambito territoriale di garanzia con l’intera Asl e in casi particolari con il distretto. Altre Regioni ancora rinviano la definizione degli ambiti territoriali di garanzia ai Piani attuativi aziendali, come del resto prevede il Piano nazionale.
È evidente – evidenzia Aceti – che la dimensione degli ambiti territoriali di garanzia fa la differenza in relazione al grado di rispetto del principio fondamentale previsto a livello nazionale della prossimità e raggiungibilità da parte del cittadino, a maggior ragione considerando anche il processo di accorpamento delle Asl con territori di riferimento ormai molto ampi“. Anche sull’adozione dei Piani attuativi aziendali, “che sarebbe dovuta avvenire entro il mese di giugno 2019, qualora fossero state rispettate tutte le tempistiche previste a livello nazionale – precisa – si stanno registrando ritardi, visto che 5 Regioni hanno adottato il proprio Piano regionale tra giugno e luglio, mentre altre 4 non lo hanno ancora fatto“. Riguardo all’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulle liste di attesa poi, adempimento previsto dal Piano nazionale, questo è stato costituito e si è riunito nei primi giorni del mese di luglio. Sta andando avanti anche il riparto dei 400 milioni di euro per l’infrastruttura tecnologica dei Cup: proprio il 26 luglio il ministero ha inviato alla Conferenza Stato-Regioni il relativo secreto di riparto.
Cosa fare ora nel modo più rapido possibile? “Ciò che ora serve dal livello centrale – sottolinea Aceti – è l’esercizio di un ruolo forte nel controllo delle misure inserite nei Piani regionali, la verifica sul loro grado di congruità rispetto ai parametri nazionali e la loro effettiva implementazione nel più breve tempo possibile e in tutto il territorio nazionale. Devono arrivare però anche risposte concrete alle carenze del personale sanitario, a partire da quello infermieristico – evidenzia il portavoce Fnopi – che oggi si attesta, considerando l’ospedale e il territorio, insieme agli effetti di ‘Quota 100’, a 75 mila unità. Un problema che va affrontato subito“.
Secondo Aceti “il ministero della Salute dovrebbe intervenire subito nei confronti delle Regioni che ad oggi non hanno ancora recepito formalmente l’intesa Stato-Regioni e approntato i propri Piani regionali di governo delle liste di attesa, come dovrebbe verificare nel merito le misure previste in tutti i Piani regionali per individuare e rimuovere eventuali scostamenti dai principi sanciti nel Piano Nazionale. Anche le Regioni, a loro volta, dovrebbero verificare l’operato delle Aziende Sanitarie Locali rispetto all’adozione dei Piani Attuativi Aziendali e della loro congruità rispetto agli indirizzi regionali“.
Inoltre – prosegue – è irrinunciabile per rafforzare il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni la garanzia di un’informazione di qualità a livello nazionale, regionale e locale, rivolta alle comunità, per spiegare i contenuti e le novità che discendono da questa innovazione. In questo modo tanto le amministrazioni quanto i cittadini e i professionisti potranno esercitare al meglio i propri diritti e responsabilità. Per gli infermieri – conclude il portavoce Fnopi – e per tutto il personale sanitario, esercitare al meglio le proprie responsabilità, vuol dire anche agire all’interno di servizi sanitari che non siano più segnati da livelli patologici di carenze come quelli attuali. Le misure approvate con il decreto Calabria sono un primo segnale al quale però devono seguire subito ulteriori“.

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