Tumore all’utero: non tutte le donne rispondono bene alle cure e ora si è scoperta la causa

Tumore alla cervice uterina: tre geni predicono la risposta alle cure 
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Un gruppo di ricercatori ha identificato la firma molecolare che predice la risposta al trattamento nelle pazienti con tumore della cervice: è costituita da tre geni ed in futuro potrebbe aiutare nella scelta terapeutica, evitando trattamenti inefficaci e potenzialmente tossici. La scoperta è arrivata grazie ad una collaborazione tra Università Cattolica-Policlinico Universitario A.Gemelli IRCCS ed ENEA. Lo studio ha portato infatti all’identificazione di una firma molecolare composta da tre geni (ANXA2, NDRG1 e STAT1) in grado di predire la risposta al trattamento radiochemioterapico (CRT) neoadiuvante (ovvero la somministrazione di farmaci chemioterapici per ridurre l’estensione di un tumore, prima di rimuoverlo con un intervento chirurgico) nelle pazienti con tumore della cervice uterina localmente avanzato.

I ricercatori coinvolti nel progetto sono stati coordinati da Giovanni Scambia, Ordinario di Clinica Ostetrica e Ginecologica presso l’Universita’ Cattolica e Direttore Scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, IRCCS, dalla dottoressa Daniela Gallo, Dirigente sanitario dell’Universita’ Cattolica e Responsabile dell’Unita’ di Medicina Traslazionale per la Salute della Donna e del Bambino del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, e dalla dottoressa Carmela Marino, Responsabile Divisione Tecnologie e Metodologie per la Salvaguardia della Salute ENEA. I risultati, oggetto di brevetto, sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Experimental & Clinical Cancer Research. Il brevetto e’ stato presentato a Techshare Day 2019 a Torino. “Nel nostro Dipartimento, la radiochemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia radicale rappresenta l’opzione terapeutica piu’ frequentemente utilizzata nelle pazienti con tumore della cervice localmente avanzato. Tuttavia, il 30% circa delle pazienti non risponde ottimamente alla terapia e presenta una ripresa di malattia precoce. Queste evidenze cliniche sono state alla base di un ambizioso progetto di ricerca traslazionale volto ad identificare – spiega Scambia – potenziali biomarcatori predittivi di risposta nel nostro setting clinico“.

Si e’ trattato di un lavoro molto articolato che, partendo dalla comparazione del profilo proteico delle biopsie tissutali di pazienti con risposta nota alla terapia (sensibili o resistenti al trattamento) si e’ sviluppato fino alla comprensione dei meccanismi molecolari che sottendono il ruolo dei 3 geni identificati come biomarcatori di risposta“, chiarisce la dottoressa Marianna Buttarelli, biologa presso l’Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica e primo autore della pubblicazione. “L’algoritmo di machine learning da noi sviluppato – aggiunge Daniela Gallo consente di determinare la probabilita’ di sensibilita’ o resistenza alla CRT, a partire dal livello di espressione dei marcatori d’interesse, misurati con una metodica di analisi di uso comune nei laboratori e di facile utilizzo. Una volta validati su una coorte piu’ ampia di pazienti, questi risultati potrebbero rappresentare un importante passaggio verso l’applicazione di approcci terapeutici personalizzati nel trattamento della malattia. L’identificazione di biomarcatori molecolari predittivi di risposta alla terapia, cioe’ caratteristiche oggettivamente misurabili e valutabili, costituisce infatti uno degli obiettivi piu’ importanti della medicina personalizzata“.

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