Un incendio nella cattedrale di Notre Dame: si è mobilitata mezza Europa e parte del resto mondo. Sono arrivati finanziamenti per la ricostruzione, uomini per aiutare a rimettere in sicurezza, giornalisti da tutto il mondo. Ora, dopo giorni e giorni in cui l’Amazzonia sta bruciando e il mondo, per giunta, se ne accorto in ritardo, chi si sta muovendo? Cosa stiamo facendo? Poco o nulla. Eppure, non è un eufemismo, l’Amazzonia ci dà la vita. Considerarlo il polmone del mondo non è un’esagerazione e nemmeno una ‘fissazione’ da ambientalisti, ma è la realtà dei fatti.
Da ogni parte del pianeta si stanno alzando a gran voce grida di allarme: bisogna fare qualcosa per evitare danni irreparabili al nostro già piagato pianeta. Persino il riscaldamento globale potrebbe, anzi sarà sicuramente, influenzato e peggiorato da questo disastro ambientale, come abbiamo ampiamente spiegato. Voci più o meno autorevoli, più o meno esperte, si stanno facendo sentire e stanno cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica dell’intero globo. Da Macron, che ha ingaggiato una lotta a colpi di Tweet con l’incosciente presidente brasiliano Bolsonaro, a Cristiano Ronaldo che ha twittato: “La foresta pluviale amazzonica produce oltre il 20% dell’ossigeno del mondo e brucia da tre settimane. E’ nostra responsabilita’ aiutare a salvare il nostro pianeta. #prayforamazonia“.
Il problema è che si minimizza da più parti, a partire appunto dallo stesso presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, il quale dopo aver accusato le Ong, ‘sospettate’ a suo dire di essere responsabili degli incendi in Amazzonia, mette nel mirino anche la stampa, che danneggerebbe il paese con una ‘psicosi ambientalista’. Tutti pazzi, dunque, per Bolsonaro e il problema non sussisterebbe, come a dire “l’Amazzonia brucia? Pazienza, è così grande“. Nelle sue ultime dichiarazioni, Bolsonaro si è scagliato contro i giornalisti, accusandoli di distorcere le sue parole. Il presidente brasiliano ha sostenuto inizialmente di non aver ‘mai accusato le Ong degli incendi in Amazzonia’, definendo ‘incredibile’ quello che ‘viene scritto sui giornali‘ e smentendo quindi le dichiarazioni che gli erano state attribuite ieri. In un secondo momento, tuttavia, ha ribadito che ‘i sospetti più forti vengono‘ dalle Ong. Un atteggiamento ‘schizofrenico’ che non aiuta di certo la causa.
Ed è forte lo scontro su Twitter fra Emanuel Macron e Jair Bolsonaro sulla protezione dell’Amazzonia: il presidente francese ha lanciato l’allarme sulla “crisi internazionale” che rappresentano gli incendi forestali in Brasile, reclamando al G7 di iscrivere la questione all’agenda del suo vertice, ma il suo collega brasiliano lo ha accusato di cedere al “sensazionalismo” per “interessi politici personali“, dimostrando inoltre una “mentalità colonialista“. Un atteggiamento da ‘provincialotto’ potremmo azzardare a dire, quello di Bolsonaro, che per fare ‘dispettucci’ e tirare frecciatine ai suoi avversari politici è disposto a sacrificare anche il nostro polmone verde, quello per secoli ha dato ossigeno a gran parte del Pianeta.
“La nostra casa sta bruciando” ha avvertito invece Macron in un tweet, accompagnando il suo messaggio con la foto di un incendio forestale. “L’Amazzonia, il polmone del nostro pianeta che produce il 20% del nostro ossigeno è in fiamme, è una crisi internazionale“, ha aggiunto, dando appuntamento ai leader del G7 “per parlare di questa urgenza fra due giorni“. La risposta di Bolsonaro non si è fatta attendere. “Mi dispiace che il presidente Macron cerchi di strumentalizzare una questione interna del Brasile e di altri paesi amazzonici per i suoi interessi politici personali“, ha scritto su Twitter. Il presidente brasiliano ha aggiunto che “il tono sensazionalista” con il quale Macron “parla dell’Amazzonia (facendo perfino uso di immagini false) non contribuisce in niente alla soluzione di questo problema“.
“Il suggerimento del presidente francese, che vuole che le questioni amazzoniche siano discusse dal G7, senza la presenza dei Paesi della regione, evoca una mentalità colonialista fuori luogo nel secolo XX“, ha sottolineato Bolsonaro, assicurando che il suo governo “resta aperto al dialogo, in base a dati obiettivi e al rispetto mutuo” per affrontare la questione. I media brasiliani indicano che nel parlare di “immagini false” Bolsonaro si riferisce alla foto pubblicata da Macron su Twitter, che sarebbe stata scattata negli anni ’90 da Loren McIntyre, un fotografo morto nel 2003, che lavorò a lungo per National Geographic e pubblicò un libro sull’Amazzonia.
La situazione in Amazzonia è “fuori controllo”, denuncia intanto l’attivista ambientale brasiliana Marina Silva, accusando il governo di estrema destra del presidente Bolsonaro di consentire “un’azione frenetica” che colpisce un ecosistema vitale per il pianeta. L’ecologista nonché ex candidato alla presidenza, in visita a Bogotà, ha dichiarato in un’intervista all’Afp che il gigante latinoamericano ha le conoscenze e la “tecnologia” per controllare gli incendi. I quali, invece, divorano vaste aree di giungla a causa della “negligenza” del governo di Bolsonaro, uno scettico sul clima.
Marina Silva, che è stata anche ministro dell’Ambiente dal 2003 al 2008 del presidente di sinistra Luiz Inacio Lula da Silva (2003-2010), afferma anche che si sta formando un movimento per chiedere al Parlamento di respingere le iniziative “contrarie” alla protezione della natura. Vincitrice del Goldman Environmental Prize nel 1996, considerato il “Nobel verde“, Silvia ha criticato severamente il presidente del suo Paese, affermando che ciò che accade in Amazzonia – di cui il 60% si trova in Brasile – costituisce un “crimine contro l’umanità“.
E mentre il battibecco continua la realtà è solo una: la foresta amazzonica sta perdendo l’equivalente di tre campi da calci al minuto e i mezzi per far fronte a questo disastro sono insufficienti, inadatti e ‘silenziosi’. Il silenzio più assordante è quello della flora e della fauna che muoiono, ma anche dei media e della popolazione mondiale che non si mobilitano come dovrebbero, non ne parlano come è accaduto per Notre Dame, non piangono per i danni, stavolta davvero ingenti, che stanno subendo in casa propria, la Terra.