Che cos’è il tanto discusso Stratospheric Controlled Perturbation Experiment? Si tratta di un esperimento di alterazione artificiale del clima terrestre. C’è chi è preoccupato per via di tutto questo, ma c’è anche chi non ci trova nulla di male e anzi sostiene “che il clima lo stiamo già modificando artificialmente con le massicce emissioni di gas serra“. L’Università di Harvard ha deciso di intervenire concretamente sul dibattito istituendo un comitato per valutarne rischi, trasparenza e conseguenze.
Ormai da anni un gruppo di scienziati del noto ateneo statunitense si prepara a lanciare un pallone atmosferico a 20 km dalla superficie terrestre, il cui compito sarà quello quello di rilasciare aerosol riflettenti in grado di ‘far tornare indietro’ parte della radiazione solare: lo scopo è quello di rinfrescare in parte il Pianeta. Le opinioni critiche in merito sono numerose e dovute soprattutto alla preoccupazione che il test possa legittimare tentativi di alterazione del clima di cui non siamo in grado di valutare i rischi. Ma i ricercatori garantiscono che sarà costituito un comitato di vigilanza sull’esperimento, onde evitare rischi per la salute degli esseri umani e per l’ambiente.
Secondo gli studiosi il test, per ora messo in pratica nei cieli del Nuovo Messico (Usa), dovrebbe servire a valutare alcune tecniche di ingegneria climatica testate, fino a questo momento, soltanto su modelli computerizzati. Il test in questione prevede la dispersione di carbonato di calcio, un sale inorganico che si trova anche nel calcare e nei gusci degli animali, ma in concentrazioni talmente basse era tale da non risultare nocivo. La quantità di aerosol emanati, inoltre, non sarebbe in grado di poter modificare la temperature locale. Il timore per le ‘voci contrarie’, come si legge in un articolo apparso su Technology Review, è che i vantaggi di questo test siano limitati rispetto al rischio di aprire la strada ad altri esperimenti climatici, ben più invasivi e potenzialmente dannosi.
Ma che cos’è la geoingegneria solare? A questa domanda ha risposto Marco Grasso, del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca. “Sostanzialmente, questo approccio consiste nello ‘sparare’ particelle di zolfo nella stratosfera per schermare la radiazione solare e quindi ridurre le temperature globali. Un po’ come era avvenuto nel 1991 dopo la gigantesca eruzione del vulcano Pinatubo nelle Filippine che ha scaricato nella stratosfera circa dieci milioni di tonnellate di zolfo con l’effetto di ridurre le temperature globali mediamente di 0,5 °C nei due successivi anni”.