Uno dei supervulcani più pericolosi del mondo sembra accumulare magma mentre passa in uno stato di pre-eruzione, secondo quanto svelato da uno studio. Gli scienziati non dicono che sia imminente una grande eruzione, ma suggeriscono che le attuali condizioni ai Campi Flegrei indicano che potrebbe verificarsi un’eruzione “in un momento indeterminato del futuro”.
I Campi Flegrei sono uno dei supervulcani attivi del mondo. Si trovano a circa 14km da Napoli, città che accoglie circa 1 milione di abitanti. L’ultima eruzione risale al 1538, un evento abbastanza piccolo, noto come eruzione di Monte Nuovo. Tuttavia, 40.000 anni fa, ha prodotto un’eruzione “super colossale”, appena sotto le eruzioni “mega colossali” registrate allo Yellowstone. Negli ultimi 60 anni, la regione vulcanica, composta da 24 crateri ed edifici, ha mostrato segni di instabilità e gli scienziati la stanno studiando e monitorando attentamente per comprendere meglio i cambiamenti che si stanno verificando.
In uno studio pubblicato su Science Advances, un team di ricercatori guidato da Francesca Forni, dell’ETH Zurich in Svizzera, ha esaminato i campioni di roccia, minerali e vetro prelevati da 23 eruzioni ai Campi Flegrei, incluse le due più grande degli ultimi 60.000 anni. Analizzando gli elementi all’interno di questi campioni, i ricercatori sono stati in grado di costruire un quadro di quello che stava succedendo prima e dopo le eruzioni. I loro risultati sembrano mostrare che si sta accumulando del magma al di sotto del sistema vulcanico e che sta entrando in un nuovo ciclo della caldera. Questo potrebbe indicare che il vulcano si sta muovendo verso una nuova fase che si tradurrà in una grande eruzione, sostiene il team. Lo studio non indica che si verificherà presto un’eruzione.
Le analisi degli elementi suggeriscono che ci sono stati cambiamenti importanti nella temperatura e nel contenuto di acqua del magma in alcuni punti della storia eruttiva dei Campi Flegrei. È stato scoperto che i minerali nel magma diminuivano nel tempo, mentre il contenuto di acqua aumentava. Gli esperti hanno scoperto che questo è avvenuto prima dell’eruzione di Monte Nuovo. Il team fa notare che dopo l’eruzione di Monte Nuovo, i Campi Flegrei sono entrati in una “nuova fase” di inattività. Dagli anni del 1950, ci sono stati 3 “grandi periodi di instabilità”, che hanno fatto sorgere delle preoccupazioni sulle possibilità che il vulcano si stesse risvegliando. In precedenza, il responsabile di questa instabilità era considerato il movimento del magma da profondità di circa 8km a circa 3km.
Gli ultimi risultati suggeriscono che questo è in linea con la presenza di magma saturo d’acqua nella crosta superiore, che permette l’accumulo di un’enorme riserva di magma. “Proponiamo che il sistema di camini subvulcanici ai Campi Flegrei stia attualmente entrando in una nuova fase di accumulo, che potrebbe culminare, in un momento indeterminato del futuro, in un’eruzione di grande volume”, concludono gli esperti.
Luca De Siena, dell’University of Aberdeen (Regno Unito), che in precedenza ha pubblicato uno studio sul sistema dei Campi Flegrei, ha commentato così i risultati con Newsweek: “Ai Campi Flegrei, una domanda in sospeso è perché non riusciamo a vedere i sistemi di camini del vulcano sotto i 4-5km di profondità, come nella caldera di Yellowstone, per esempio. Forni e altri suggeriscono che un grande strato di magna altamente evoluto e relativamente freddo potrebbe assorbire la maggior parte dell’energia che inviamo giù per ricostruire le strutture più profonde. Questo problema è tipico degli ambienti oceanici sub-basaltici, dove le riserve più profonde sono invisibili all’imaging sismico. I loro risultati aprono la possibilità di modellare gli effetti di questi strati magmatici nelle registrazioni di monitoraggio, permettendoci, quindi, di ricostruire la loro forma e le loro dimensioni e infine vedere al di sotto di essi”.
Il vulcanologo Christopher Kilburn, dell’UCL del Regno Unito, non coinvolto nello studio, ha spiegato che i risultati sono in linea con i cambiamenti che si sono verificati durante le passate eruzioni: “Fornisce, quindi, un’interpretazione alternativa da testare rispetto alle idee convenzionali. Se si verificasse un’eruzione, la migliore ipotesi è che avrà dimensioni e comportamento simili a quelli visti durante gli ultimi 15.000 anni circa, quindi dalle dimensioni dell’ultima eruzione (Monte Nuovo, 1538, 0,02km cubici) a qualcosa di simile all’eruzione del Vesuvio che ha sconvolto Pompei ed Ercolano (1km cubico). Questi sono gli scenari utilizzati per preparare i piani di mitigazione. Lo studio cambia rotta nel suo paragrafo finale. Avendo sostenuto che l’eruzione del 1538 rappresenta la fuoriuscita di magma dai residui di una riserva di magma, suggerisce che le emissioni di CO? indicano il possibile rifornimento della riserva e quindi, allude al possibile inizio di un accumulo verso una “eruzione di grande volume”. Questa affermazione è speculativa e non dipende dai risultati precedenti”.