L’implementazione degli esami di screening per il cancro del colon–retto ha dimostrato di essere in grado di ridurre l’incidenza e la mortalità nelle popolazioni screenate: in Italia quelle tra i 50 e i 69 anni. “Ma non è il caso di cantare vittoria – afferma il professor Luigi Ricciardiello, professore associato di Gastroenterologia dell’Università di Bologna, Chairman del Research Committee, United European Gastroenterology – il tumore del colon retto resta, tuttavia, uno dei grandi big killer: secondo dati Aiom-Airtum nel 2018 nel nostro paese sono circa 28.800 i nuovi casi di colon retto negli uomini e 22.500 nelle donne”. Un elemento di preoccupazione è rappresentato dall’aumento di incidenza di questa forma di tumore nei giovani, spiega in una nota la Società italiana di gastroenterologia e endoscopia digestiva SIGE. A dimostrare questo trend arrivano i risultati di uno studio statunitense effettuato su circa 500mila uomini e donne che dimostra, accanto ad una riduzione dell’incidenza del cancro del colon-retto nei soggetti di età pari o superiore ai 55 anni (merito dei programmi di screening), un aumento di questo tumore al di sotto dei 50 anni con un picco di aumento soprattutto nella fascia di età compresa tra i 20 e i 29 anni.
Risultati analoghi sono emersi da uno studio condotto in 20 paesi europei tra 188 mila giovani adulti, che dimostra un aumento dell’incidenza del cancro del colon retto nella fascia tra i 20 e i 39 anni. Conferme arrivano anche dal nostro paese: uno studio condotto di recente a Milano dimostra un aumento dell’incidenza di questa forma tumorale nei soggetti al di sotto dei 50 anni nel periodo compreso tra il 1999 e il 2015.
Negli ultimi 40 anni la prevalenza dell’obesità nei bambini è drasticamente aumentata. Dati relativi a 2.416 studi di popolazione a livello mondiale per i quali erano disponibili misurazioni di altezza e peso, hanno dimostrato un significativo aumento dell’indice di massa corporea nella fascia di età 5-19 anni tra il 1975 e il 2016. E’ stato stimato che nel 2016 ci fossero a livello mondiale 124 milioni di bambini e adolescenti obesi (NCD Risk Factor Collaboration (NCD-RisC) et al. 2017). Uno studio condotto in 21 paesi Europei dalla Childhood Obesity Surveillance Initiative (Cosi) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) su bambini di età compresa tra i 6 e i 9 anni, ha stimato che 398 mila bambini su 13,7 milioni fossero affetti da obesità grave (2,9 per cento). Ma a preoccupare ulteriormente è la distribuzione della prevalenza di obesità infantile: in molto paesi ad essere affetto da obesità grave è un bambino su 4, e i livelli più elevati di obesità si registrano nell’Europa meridionale, soprattutto tra i maschietti. Secondo le ultime statistiche in Italia la prevalenza complessiva di sovrappeso, obesità e obesità grave nei bambini tra 6 e 9 anni è intorno al 43 per cento. Peggio di noi stanno solo Spagna (circa 44 per cento) e Grecia (circa 48 per cento).
E’ stato dimostrato che l’obesità severa è più comune nei bambini le cui madri hanno un livello di istruzione medio-basso rispetto a quelli con madri con un elevato livello di istruzione. Anche i bambini non allattati al seno per almeno 6 mesi hanno una prevalenza di sovrappeso/obesità molto maggiore di chi è stato allattato al seno (16,8 per cento contro il 9,3 per cento).
Obesità e sovrappeso che compaiono in età evolutiva adolescenziale tendono a persistere in età adulta e possono favorire la comparsa di patologie quali le malattie cardiovascolari, il diabete tipo 2 ed alcuni tumori, tra cui il cancro del colon-retto. Considerati i danni alla salute a breve e lungo termine causati dall’obesità, sono auspicabili strategie volte a prevenire l’obesità inclusi programmi e iniziative nei bambini e giovani che aiutino ad effettuare scelte salutari. Nel caso di obesità grave bisogna garantire anche i servizi per aiutare questi bambini e le loro famiglie a contrastarla.
Secondo il presidente della Sige professor Domenico Alvaro “a scendere in campo per queste iniziative devono essere non solo le società scientifiche ma anche le scuole, dove sono diventanti improcrastinabili programmi educazionali volti ad insegnare ai nostri bambini ed adolescenti i corretti stili di vita oltre che le nozioni basilari di come si possono prevenire malattie ad alto impatto sociale”.