Un “grande passo avanti per i pazienti, ma non si tratta della bacchetta magica e la cautela è sempre necessaria”. Oncologi ed ematologi accolgono così il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco alla prima terapia Car-T in Italia contro alcuni tumori del sangue, che utilizza cellule immunitarie modificate per combattere il cancro.
“Le Car-T – afferma il presidente della Società italiana di ematologia Paolo Corradini, anche direttore dell’Unità di Ematologia all’Istituto nazionale tumori (Int) di Milano – rappresentano indubbiamente una prospettiva importante ed un grande passo avanti, perché si tratta di una terapia per pazienti per i quali non ci sono altre opzioni terapeutiche e che hanno una malattia attiva. Si offre dunque a questi pazienti una grande possibilità, ma – avverte – non bisogna dare false speranze e la cautela è d’obbligo”. Infatti, spiega, “i pazienti che possono rispondere alle Car-T devono essere accuratamente selezionati e la cura non è indicata in presenza di malattia refrattaria ad altre terapie ma rapidamente progressiva. Inoltre, ci sono anche problemi legati alla tossicità della terapia, che possiamo gestire ma che, ad ogni modo, possono causare infezioni potenzialmente mortali nel 7% dei pazienti”.
Dunque, è una terapia che “va assolutamente somministrata in centri altamente specializzati: all’Int, nell’ambito di protocolli sperimentali, abbiamo già trattato 6 pazienti adulti con linfoma e in attesa ve ne sono altri 5, ma il tempo di osservazione è ancora troppo breve per poter dare una valutazione definitiva”.
Le Car-T, con le dovute cautele, danno nuove speranze anche ai pazienti più fragili, ovvero ai bambini, spiega Andrea Biondi, direttore della Clinica pediatrica dell’Università Milano Bicocca e Monza, l’unico centro in Italia a sperimentare la nuova terapia in ambito pediatrico e che ad oggi ha trattato dieci bambini.
La terapia Car-T approvata, Tisagenlecleucel, afferma, “rappresenta una reale opportunità per questi pazienti, dato che ha dimostrato un tasso di remissione globale della malattia dell’81%. Dei 10 bimbi con leucemia linfoblastica acuta trattati, la metà non ha più la malattia a 6 mesi o un anno dalla cura”. Si tratta, rileva, di “una nuova pagina della medicina, se si pensa che per la prima volta le cellule del paziente stesso diventano il materiale di partenza per la preparazione del farmaco”.
Ma questo, sottolinea Ruggero De Maria, presidente di Alleanza Contro il Cancro (Acc), la Rete oncologica nazionale fondata dal Ministero della Salute, “è solo il primo passo perché le applicazioni sono limitate alla leucemia linfoblastica acuta e al linfoma a grandi cellule della linea B. Acc sta infatti coordinando un progetto nazionale sulle Car-T per poter curare altre neoplasie che inizierà entro il 2019 e coinvolgerà 16 Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico aderenti alla Rete”.
Per lo sviluppo di tale tecnologia d’avanguardia il ministero della Salute ha previsto uno stanziamento di 60 milioni di euro da destinarsi a 4 centri e si punta ad estendere le Car-T al trattamento di più forme tumorali, come ad esempio i neuroblastomi ed il mieloma, e studi sono in corso anche rispetto ai tumori solidi.