“Nonostante si tratti di un palliativo, accogliamo con favore la decisione soprattutto perché la richiesta arriva dallo stesso comparto ittico. Evidentemente anche tra i pescatori si comincia a diffondere la consapevolezza che è importante tutelare il mare”. Così Domitilla Senni di MedReAct alla notizia della proroga del fermo pesca in Adriatico fino all’8 settembre decisa, da un decreto ministeriale su sollecitazione delle marinerie venete per l’alto Adriatico (da Trieste ad Ancona) e dalla regione Puglia per l’Adriatico meridionale, da Bari a Manfredonia.
La ripresa delle attività ittiche era prevista per oggi, 27 agosto, ma è stata prorogata di 12 giorni “d’intesa con le organizzazioni di categoria – come si legge in una nota della regione Puglia – al fine di tutelare l’ecosistema marino, riducendo lo sforzo pesca e la mortalità delle risorse ittiche e perché sussistono specifiche esigenze biologiche nonché la necessità di ridurre lo sforzo di pesca che incide negativamente sulla condizione dei principali stock ittici oggetto di prelievo”.
“Diciamo che si potrebbe intendere come un primo timido passo nella giusta direzione, soprattutto perché indica la consapevolezza da parte dei pescatori”, continua Senni, che è anche coordinatrice della campagna internazionale Adriatic Recovery Project.
“Ma ormai è conclamato perché ribadito dai ricercatori e dimostrato da ricerche scientifiche che per salvare davvero l’Adriatico, uno dei mari più sfruttati al mondo, bisogna chiudere in modo definitivo alla pesca le zone più sensibili. Non ci sono altre strade”.
A dimostrarlo ci sono anche i risultati di una ricerca scientifica che a soli due anni dalla chiusura di un’area della Fossa di Pomo ha misurato in quella zona un importante aumento della biomassa,: quella dello scampo è raddoppiata e quella del nasello è aumentata di 2,5 volte. Con ricadute positive per la pesca nelle aree limitrofe alla FRA (Fishery Restricted Area), confermate anche dagli stessi pescatori
“Un’ulteriore conferma – dice ancora Domitilla Senni – che è sempre più urgente istituire altre aree di restrizione alla pesca, soprattutto in aree particolarmente strategiche per la salute del mare. Tra queste c’è senz’altro la zona del Canale di Otranto dove si trovano importanti habitat per le specie ittiche nonché colonie di rari coralli profondità e altre specie vulnerabili”.