Ventiquattro agosto 201, ore 3.36: la terra trema. Urla, crolli, disperazione. Si è svegliato così il Centro Italia all’alba di tre anni fa, quando un violento terremoto ha causato morti e distruzione, segnando per sempre dei territori secolari come quelli di Amatrice, Accumoli, Norcia, e sopratutto le loro popolazioni. Attimi disperati, impossibili da dimenticare per chi c’era: il terrore di sentirsi mancare la terra sotto i piedi, la paura di ritrovare i propri cari morti sotto le macerie. Rovina e devastazione.
Una catastrofe di proporzioni enormi: l’incantevole Accumoli e Visso, paesi medievali e fiore all’occhiello del Centro Italia, ridotto in brandelli, Amatrice, che sarebbe poi diventata simbolo del Terremoto, ma anche di forza e resilienza, in rovina. Le immagini del piccolo centro distrutto hanno avuto una risonanza mediatica internazionale, e tutto il mondo si è fermato lì, ai piedi del Centro Italia, con il cuore colmo di dolore.
Ingenti i danni al patrimonio artistico e culturale del territorio nonostante gli aiuti immediati: Protezione Civile, INGV, Vigili del Fuoco, ma anche Esercito e forze armate. La macchina dei soccorsi è stata impeccabile: tutta l’Italia si è unita per fronteggiare un’emergenza che è costata la vita a 299 persone. Non solo, da tutto il mondo sono giunti messaggi di vicinanza, appelli di solidarietà, aiuti economici, sostegno verso il Bel Paese, patria di storia, cultura e bellezza, al fine di donargli sostegno in uno dei suoi momenti più bui.
Immane anche il lavoro di geologi e esperti che hanno tentato di monitorare, studiare, comprendere ciò che stava avvenendo in centro Italia. La scossa ha infatti innescato una sequenza sismica senza precedenti, con conseguenze per la geomorfologia del territorio, ma anche per tutto l’ecosistema in genere: l’Appennino è sprofondato di 1 metro, mentre in alcune zone il suolo si è abbassato di 70 centimetri. Si conta che appena qualche ora dopo la scossa di magnitudo 6.0, se ne sono verificate almeno 160 repliche di intensità inferiore, mentre per i sei mesi successivi il numero di microsismi è stato dell’ordine del migliaio. Non solo: il 26 ottobre 2016 alle 19:11, una nuova scossa di magnitudo 5.4 ebbe epicentro a Castelsantangelo sul Nera, in provincia di Macerata, nelle Marche. La scossa, fu seguita da un nuovo violento fenomeno di intensità 5.9, registrato alle 21:18 nel territorio del Comune di Ussita, non lontano dal primo epicentro. Un dramma nel dramma.
Terremoto Centro Italia: la disperazione dei terremotati a tre anni dal sisma
A tre anni dal sisma sarebbero tante le cose da aggiungere, i resoconti da fare. Tante le parole da spendere per ricordare, recriminare, per porre nuovamente al centro dell’attenzione questo Centro Italia martoriato e ormai abbandonato. E allora, per sfuggire ogni retorica, abbiano chiesto ai terremotati stessi di raccontare, ai microfoni di MeteoWeb, la situazione tre anni dopo: la loro vita, le difficoltà e la voglia di ricominciare. Ne è emerso un urlo disperato, di dolore, di rabbia, di cittadini che si sentono abbandonati dal loro stesso paese.
“Siamo stati dimenticati, – spiegano da Visso – la Regione Marche in primis ci preferisce la costa stornando fondi destinati a noi a favore di cittadine che del terremoto non ha visto nulla. La legge 189 è un pasticcio che non sanno snodare e interpretare nemmeno all’ufficio ricostruzione e si spendono centinaia di migliaia di euro per mettere in sicurezza edifici che poi dovranno essere al 99% demoliti o ci si concentra su lavori inutili e annosissimi nelle strade mentre quegli stessi collegamenti per noi e per il commercio sono vitali. Nulla è cambiato, stanno scientificamente spopolando la montagna per depredarla del nostro oro: l’acqua.”
Una realtà che ci chiedono di raccontare: “Raccontate il dolore di vedere il nostro paese, come molti altri, abbandonato alla distruzione mentre noi come partigiani “resistiamo” strenuamente lottando contro un sistema che ci sta annientando con l’indifferenza.
“Raccontate – proseguono – che ancora abbiamo gli occhi pieni di lacrime ogni volta che ci assale il pensiero delle nostre case che siamo obbligati a guardare vedendo solo macerie sotto le quali si vanno distruggendo i nostri pochi averi e i nostri tanti ricordi. Raccontate vi prego tutta la nostra disperazione e le nostre urla di dolore e di rabbia che sembrano mute ai più.”
Terremoto Centro Italia: “La ricostruzione non funziona”
“La comunità ha bisogno di sentirsi unita. Siamo qui anche per evidenziare alle istituzioni che così non si può andare avanti: la ricostruzione con questo approccio organizzativo ordinario non funziona, se non con tempi biblici”. Così ai microfoni di Sky Tg24 il sindaco di Amatrice, Antonio Fontanella, nel giorno del ricordo della tragedia che tre anni fa dilaniò il territorio. “La criticità in ambito di ricostruzione è legata al vincolo ambientale e paesaggistico: Amatrice è un’area di grande valenza naturale. Per ricostruire è quindi necessario adeguare il piano paesaggistico all’urgenza, senza stravolgerlo. Dobbiamo ricostruire e quindi dobbiamo fare degli adeguamenti ragionati”, spiega il primo cittadino. Gli edifici da ricostruire sono oltre 4mila.
E’ di parere analogo anche l’ex sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, il quale ieri ai microfoni di MeteoWeb ha spiegato che “La politica si deve interrogare e chiedersi il perché ci sia stato questo fallimento. E’ necessario fare un passo indietro e cambiare questo metodo assolutamente sbagliato. Finalmente non solo la mia voce è fuori del coro, ma molti stanno arrivando a questa stessa conclusione dato che anche Toti si è espresso in tal senso, e lo stesso ha fatto Sgarbi. Dobbiamo ammetterlo a noi stessi: è fallito un metodo! Se fosse una partita di calcio e l’allenatore si accorgesse che la sua formazione non porta a nulla ci sarebbe una sola scelta da fare: cambiare la formazione, ed è quello che deve fare lo Stato italiano, perché se sbagliare è umano perseverare è diabolico”
Anche il sindaco e il vice-sindaco di Arquata lanciano l’allarme: “È incredibile ma dopo tre anni siamo ancora alla rimozione delle macerie – commenta il vice sindaco Michele Franchi – si parla appena dei primi incarichi tecnici, si vede qualche gru, ma niente di veramente significativo“. La gente è preoccupata, avvilita. “Rischiamo di finire nel dimenticatoio, c’è poco da fare – spiega – Anche le persone più radicate nel territorio, cominciano a mettere in conto di andarsene, non ritenendo di poter affrontare un altro inverno nelle casette. Qualcuno sta cercando casa ad Ascoli“.
Situazione analoga ad Accumoli: ”La situazione è ferma a com’era l’anno scorso. Non è stato fatto alcun passo in avanti, né per quanto riguarda la ricostruzione, per la quale ci aspettavamo uno snellimento delle procedure, né per i proprietari delle seconde case, che non possono ancora tornare sul territorio in aree attrezzate. Dopo la legge 89 del 2018, che prevedeva il loro ritorno, c’è stato un anno di fermo: l’ordinanza attuativa del Commissario è stata emanata solo a maggio di quest’anno”.
Terremoto Centro Italia: tre anni fa l’impegno dei Vigili del Fuoco
Non bisogna però dimenticare anche tutto l’immane impegno di Vigili del Fuoco e delle forze dell’Ordine in genere e gli sforzi per la ricostruzione. Alle 3:36 di tre anni fa il dispositivo di soccorso dei vigili del fuoco si mise subito in moto, convogliando, nell’area colpita, sezioni operative da tutta Italia. In poche ore raggiunsero i comuni interessati dall’evento circa 1.000 unità con 400 mezzi. 6 elicotteri trasportarono i soccorritori ad Accumuli, completamente isolato a causa di frane e smottamenti. Grazie agli elicotteri fu inoltre possibile portare a termine molteplici soccorsi e trasportare numerosi feriti in ospedali non lesionati dal terremoto. E’ il ricordo dei Vigili del Fuoco in occasione del terzo anniversario del sisma nell’Italia centrale.
Molte squadre furono dedicate esclusivamente al supporto alla popolazione attraverso il recupero di beni di prima necessità da abitazioni e esercizi commerciali non più agibili. I funzionari del nucleo Nis (Nucleo Interventi Speciali) effettuarono nell’arco della giornata, oltre 300 sopralluoghi speditivi per capire su quali edifici di interesse pubblico, storico, culturale e religioso intervenire e con quali tempi. I dati furono raccolti dagli esperti nella topografia applicata al soccorso (Tas) e inviati al centro operativo nazionale (Con) di Roma, dove si coordina il dispositivo di soccorso. Le opere provvisionali di messa in sicurezza di edifici di particolare rilevanza e il recupero di beni artistici, furono realizzati principalmente dagli uomini esperti in tecniche di derivazione speleo alpino fluviale (Saf), aiutati dai colleghi esperti in puntellamenti. I droni, utilizzati per la prima volta in un’emergenza di questa portata, effettuarono aeromappature, panoramiche dei centri colpiti e degli edifici lesionati e documentazione dell’attività di soccorso.