Guarire dal tumore al colon retto è una sfida possibile: ne è convinto Carmine Carbone, biologo 38enne in forza presso il Comprehensive Cancer Center del Policlinico Gemelli di Roma che, con il suo Predator, vuole attaccare il tumore al colon-retto, seconda neoplasia per incidenza in Italia. Ogni anno infatti nel nostro Paese ne vengono diagnosticati più di 50 mila casi.
“Per noi si tratta di una vera e propria guerra contro il tumore al colon-retto, e la combattiamo educando il sistema immunitario al riconoscimento degli organoidi tumorali”, spiega il ricercatore. “L’idea – prosegue il ricercatore originario di Airola, nel beneventano – è quella di rendere il sistema immunitario del paziente capace di riconoscere il tumore e studiarne i meccanismi di resistenza”.
L’obiettivo è dunque quello di educare il corpo malato a reagire alla presenza della neoplasia e tenerla sotto controllo. Da qui deriva il nome del progetto: “I Predator sono gli aerei teleguidati, senza pilota a bordo, utilizzati per il controllo dei territori ostili – racconta Carbone – mi era piaciuta l’analogia con i linfociti T che noi mettiamo a contatto con il tumore per fargli esercitare una sorta di controllo”.
L’immunoterapia applicata al tumore al colon-retto
Lo studio tenterà di applicare l’immunoterapia al tumore al colon-retto focalizzandosi in particolare sui meccanismi di resistenza alla terapia partendo dallo “sviluppo di una piattaforma Avatar” che conservi “le caratteristiche anatomiche e genetiche del tumore in tutti e 4 i suoi sottotipi”. Sarà così realizzato un archivio costituito da “miniaturizzazioni in 3D che mantengono le proprietà dei tessuti originari, prelevati dai pazienti“.
Saranno proprio gli organoidi, basi molecolari in vitro, a permettere l’analisi simulando i tessuti umani: essi verranno messi a contatto con le due principali componenti del sistema immunitario coinvolte: i linfociti T (responsabili delle risposte immunitarie del nostro corpo) e i mieloidi soppressori (Mdsc), che invece contrastano l’azione anti-tumorale dei linfociti stessi: “Il loro contatto determinerà un fenomeno di resistenza che però ci aiuterà nel tentativo di trovare una cura”.
Il supporto del Policlinico Gemelli di Roma
In questo studio sarà necessario un lungo processo di schedatura che sarà gestita dal Policlinico Gemelli di Roma. Il Comprehensive Cancer Center diretto dal professor Giampaolo Tortora, permette di contare “su un team e su laboratori di tutto rispetto”, dall’altro perché “è possibile verificare l’intera ricerca in clinica – spiega – dato che qui ci occupiamo di circa mille pazienti all’anno”.
Il 38enne può anche contare su un assegno di ricerca di 100mila euro che recentemente gli è stato assegnato come primo classificato in assoluto di Research to Care, un bando a sostegno della ricerca scientifica indipendente italiana promosso dalla direzione medica di Sanofi Genzyme, divisione specialty care di Sanofi.