Il tumore all’intestino comporta una crescita di cellule maligne nell’intestino crasso (cieco e colon), ovvero l’ultima parte dell’intestino, o nel retto. Per questo motivo è più frequente che si parli di tumore al colon o di tumore al retto. Esistono anche forme a partenza dall’intestino tenue ma sono molto rare.
Il tumore all’intestino – spiega in un approfondimento l’Humanitas Gavazzeni, ospedale polispecialistico privato di Bergamo, accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale per le attività ambulatoriali e di ricovero – è molto diffuso e in alcuni casi può essere mortale. Se diagnosticato precocemente, però, vi sono alte probabilità di guarigione.
Le cause del tumore all’intestino (colon)
La maggior parte dei tumori all’intestino (colon) sono di origine sporadica, cioè non hanno fattori scatenanti noti, ma il cancro al colon può formarsi a seguito di malattie infiammatorie croniche intestinali, quali la rettocolite ulcerosa o il morbo di Crohn.
Circa il 25% dei tumori dell’intestino è invece da riferire a una predisposizione familiare: spesso chi ha parenti che hanno sviluppato questo cancro è più facilmente soggetto a contrarlo, e vi sono particolari patologie genetiche (sindromi) in cui la probabilità di sviluppare un tumore è elevata.
È dimostrato – precisano gli esperti dell’Humanitas Gavazzeni – che chi segue una dieta a base di fibre e povera di grassi ha meno possibilità di sviluppare questa forma di tumore rispetto a chi invece non osserva una dieta di questo tipo.
I sintomi del tumore all’intestino (colon)
Il tumore all’intestino (colon) non ha sintomi specifici, ma segnali della sua esistenza possono essere la presenza di sangue nelle feci, la sensazione di dover andare in bagno anche quando non se ne ha l’effettiva necessità (tenesmo rettale), la deformazione delle feci, una stitichezza improvvisa e ostinata, la comparsa di alternanza di stitichezza e diarrea.
Come può essere individuato il tumore all’intestino (colon)
Una diagnosi precoce del tumore dell’intestino (colon) è in grado di aumentare di molto le probabilità di guarigione. Il problema è che questa patologia spesso non mostra sintomi apparenti o evidenzia sintomi – come la mancanza di appetito, l’anemia, una stanchezza diffusa – simili a quelli di altre patologie addominali o intestinali.
È necessario dunque sottoporsi a visite specialistiche quando si rientra in una delle categorie a rischio, determinate dall’età, dalla storia medica personale e dalla storia medica familiare.
L’indagine più semplice da effettuare è la ricerca del sangue occulto fecale (SOF), applicabile in tutti i pazienti, consigliata dopo i 45-50 anni. In caso di positività, dopo adeguata correlazione con i dati clinici, andranno effettuati ulteriori accertamenti (colonscopia).
In caso si appartenga a un gruppo familiare con una particolare predisposizione o si sia affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali è necessario inoltre sottoporsi a una colonscopia a partire dai 50 anni o da una età di 10 anni inferiore all’età del familiare più giovane che abbia sviluppato la malattia.
Nelle sindromi genetiche la sorveglianza deve essere più frequente e da età più giovanile. A partire dai 50 anni, infatti, piccole lesioni sono presenti in una persona su cinque. La scoperta di piccoli polipi e di lesioni non comporta la certa presenza di un tumore: si può trattare di situazioni benigne, dovute a stati infiammatori, stitichezza o altri piccoli problemi registrati a livello intestinale.
La cura del tumore all’intestino (colon)
Negli ultimi anni i trattamenti del tumore dell’intestino (colon) sono migliorati e la percentuale di persone che sopravvivono a questa patologia è sensibilmente cresciuta.
Il trattamento – spiegano gli esperti dell’Humanitas Gavazzeni – dipende dallo stadio di avanzamento della malattia:
- se questa è in fase iniziale si procede di solito con un intervento chirurgico, che prevede l’asportazione del tratto di intestino interessato dal tumore e che può rappresentare la soluzione definitiva al problema. L’intervento chirurgico può essere seguito da un periodo di terapia adiuvante, che ha il fine di evitare una recidiva, cioè che le cellule formino, in quella stessa area o a distanza, un’altra lesione tumorale
- se il tumore è in stato avanzato, invece, è facile che abbia coinvolto altri organi, primo fra tutti il fegato. A causa della sua estensione è facile che non sia consentito un intervento chirurgico curativo. Nei casi in cui sono presenti metastasi a distanza, vengono considerati diversi approcci in base alla fase della malattia: chirurgico, chemioterapico, radioterapico.
Guarire dal tumore all’intestino
Sì, quando il tumore all’intestino viene diagnosticato per tempo in stadi iniziali. I polipi più piccoli – non più grandi di 3-4 centimetri – possono essere asportati con la colonscopia. Per quelli più grandi, se non c’è presenza di metastasi, per la loro eliminazione può bastare l’intervento chirurgico che, seppur delicato e difficile da eseguire, assicura alte percentuali di sopravvivenza.
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Tumore al colon e alimentazione: una dieta sbagliata favorisce il cancro, i cibi da evitare e quelli che ci proteggono
Parlando di tumore e, nello specifico, di tumore del colon, la dieta rappresenta un’arma a doppio taglio, un Giano bifronte: se è infatti vero che una dieta sbagliata può favorire l’insorgenza del cancro del colon, è altrettanto vero che un adeguato stile alimentare può fare molto per prevenire questo tipo di tumore. E’ dunque importante imparare a riconoscere gli epic fail della dieta, le ‘bucce di banana’ che possono far levitare il rischio di tumore; ma altrettanto importante è familiarizzare con gli alimenti amici della salute, scudo e difesa contro il tumore. A questo riguardo, possono venire in aiuto alcuni importanti lavori scientifici di recente pubblicazione che hanno permesso di calcolare la percentuale di nuovi casi di tumore attribuibile ad un’assunzione inadeguata di alcuni alimenti.
E’ il caso ad esempio di uno studio pubblicato su JNCI Cancer Spectrum (JNCI Cancer Spectrum 2019. Doi: 10.1093/jncics/pkz034 https://doi.org/10.1093/jncics/pkz034) che giunge alla conclusione che ben il 5,2 per cento (cioè 80.110 casi) di tutti i tumori registrati nel 2015 negli Usa, possono essere attribuibili ad una dieta inadeguata. Di questi, il 4.4 per cento è correlabile direttamente ad una dieta sbagliata, mentre nello 0.82 per cento dei casi il fattore di rischio dieta, è mediato dall’obesità (anch’essa frutto di una dieta sbagliata).
I fattori dietetici a maggiore impatto sul rischio di tumore – riporta in una nota la Società italiana di gastroenterologia e endoscopia digestiva SIGE – sono risultati essere: uno scarso consumo di cereali integrali e di latticini da una parte e l’elevato consumo di carni processate (dagli insaccati alle salsicce e i wurstel) dall’altra. E’ proprio il tumore del colon retto quello che risulta maggiormente correlato alla dieta (ben il 38,3 per cento del totale dei casi), in particolare tra i maschi di mezza età (45-64 anni). Il cancro del colon-retto è il terzo tumore più comune in Italia ed in Europa e rappresenta globalmente il 10.2 per cento di tutti i tumori; la maggior incidenza è dopo i 50 anni anche se, studi dell’ultimo decennio, indicano che l’incidenza e la mortalità per questa patologia sono in aumento anche in fasce di età più giovani. Le ragioni di questo fenomeno non sono ancora del tutto chiare ma lo stile alimentare e la prevalenza di obesità, in aumento nei giovani e negli adolescenti, potrebbero rappresentare una spiegazione almeno parziale del fenomeno.
I meccanismi biomolecolari attraverso i quali gli alimenti favoriscono o proteggono dall’insorgenza di cancro – prosegue la SIGE – sono stati finora poco studiati, sebbene sia ormai scientificamente appurato il ruolo protettivo nei confronti del tumore di alcune componenti bioattive quali ad esempio, le fibre, la vitamina E, il selenio, i polifenoli e gli omega-3. “In definitiva – afferma la professoressa Filomena Morisco, Dipartimento di Scienza degli Alimenti dell’Università di Napoli ‘Federico II’ – dai risultati di questo studio epidemiologico emergono ulteriori conferme sull’importanza della dieta nella genesi delle malattie neoplastiche in generale, ma soprattutto di quelle che interessano l’apparato gastrointestinale. Ne consegue che la scienza della nutrizione si interfaccia con i meccanismi di cancerogenesi e suggerisce sempre più la necessità di un approccio multidisciplinare alla malattia, con il gastroenterologo in posizione sempre più centrale.
Purtroppo ad oggi – prosegue la professoressa Morisco – la popolazione percepisce il messaggio di una corretta e sana alimentazione in maniera generica e superficiale, mentre questo studio appena pubblicato stabilisce in maniera precisa il tipo e l’entità del rischio di tumore attribuibile alla dieta. Sebbene siano necessari ulteriori studi per conoscere le peculiari correlazioni tra componenti della dieta ed il rischio di sviluppare una specifica neoplasia, questo studio dà indicazioni chiare circa lo stile alimentare da adottare per prevenire il cancro del colon-retto. Inoltre – conclude l’esperta – la stima precisa del numero di casi di tumore attribuibili ad una dieta sbagliata (che è bene ricordare, rappresenta un fattore di rischio modificabile) può essere utile per indirizzare le politiche nutrizionali su larga scala per ridurre l’impatto sanitario, sociale ed economico di questi tumori”.
“E’ scientificamente dimostrato – sottolinea il professor Domenico Alvaro, presidente della Sige – che adottare sane abitudini e seguire i consigli che provengono dai recenti studi può prevenire la comparsa di tumore. Insomma, ormai non ci sono dubbi: l’alimentazione è un’arma di prevenzione straordinariamente potente, soprattutto se iniziata in giovane età. Questa, associata ai programmi di screening, potrebbe abbattere considerevolmente il numero di nuovi casi nei prossimi anni”.
Cancro del colon-retto: cause e fattori di rischio, lo screening salva la vita
L’implementazione degli esami di screening per il cancro del colon–retto ha dimostrato di essere in grado di ridurre l’incidenza e la mortalità nelle popolazioni screenate: in Italia quelle tra i 50 e i 69 anni. “Ma non è il caso di cantare vittoria – afferma il professor Luigi Ricciardiello, professore associato di Gastroenterologia dell’Università di Bologna, Chairman del Research Committee, United European Gastroenterology – il tumore del colon retto resta, tuttavia, uno dei grandi big killer: secondo dati Aiom-Airtum nel 2018 nel nostro paese sono circa 28.800 i nuovi casi di colon retto negli uomini e 22.500 nelle donne”. Un elemento di preoccupazione è rappresentato dall’aumento di incidenza di questa forma di tumore nei giovani, spiega in una nota la Società italiana di gastroenterologia e endoscopia digestiva SIGE. A dimostrare questo trend arrivano i risultati di uno studio statunitense effettuato su circa 500mila uomini e donne che dimostra, accanto ad una riduzione dell’incidenza del cancro del colon-retto nei soggetti di età pari o superiore ai 55 anni (merito dei programmi di screening), un aumento di questo tumore al di sotto dei 50 anni con un picco di aumento soprattutto nella fascia di età compresa tra i 20 e i 29 anni.
Risultati analoghi sono emersi da uno studio condotto in 20 paesi europei tra 188 mila giovani adulti, che dimostra un aumento dell’incidenza del cancro del colon retto nella fascia tra i 20 e i 39 anni. Conferme arrivano anche dal nostro paese: uno studio condotto di recente a Milano dimostra un aumento dell’incidenza di questa forma tumorale nei soggetti al di sotto dei 50 anni nel periodo compreso tra il 1999 e il 2015.
Di fronte a questi dati epidemiologici l’American Cancer Society ha deciso di aggiornare le linee guida suggerendo di iniziare gli esami di screening del cancro del colon-retto a partire dai 45 anni. Tra le possibili cause della comparsa di questa forma tumorale in età sempre più giovane sono stati invocati uno stile di vita errato, l’aumento di prevalenza dell’obesità giovanile e un elevato consumo di carni rosse. Di certo anche l’affinamento delle tecniche diagnostiche e un maggior accesso alle risorse sanitarie (principalmente lo screening) possono aver contribuito a fare un maggior numero di diagnosi anche nella popolazione al di sotto dei 50 anni. Bisogna tuttavia tener presente che molti dei fattori di rischio che portano all’obesità – sedentarietà, scarso consumo di frutta e verdura, consumo di carni rosse e processate – si associano anche ad un maggior rischio di cancro del colon retto: alla luce di questi dati epidemiologici a preoccupare è soprattutto la crescente obesità tra bambini e adolescenti, che rappresenta un vero e proprio ‘problema’ di sanità pubblica.
Negli ultimi 40 anni la prevalenza dell’obesità nei bambini è drasticamente aumentata. Dati relativi a 2.416 studi di popolazione a livello mondiale per i quali erano disponibili misurazioni di altezza e peso, hanno dimostrato un significativo aumento dell’indice di massa corporea nella fascia di età 5-19 anni tra il 1975 e il 2016. E’ stato stimato che nel 2016 ci fossero a livello mondiale 124 milioni di bambini e adolescenti obesi (NCD Risk Factor Collaboration (NCD-RisC) et al. 2017). Uno studio condotto in 21 paesi Europei dalla Childhood Obesity Surveillance Initiative (Cosi) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) su bambini di età compresa tra i 6 e i 9 anni, ha stimato che 398 mila bambini su 13,7 milioni fossero affetti da obesità grave (2,9 per cento). Ma a preoccupare ulteriormente è la distribuzione della prevalenza di obesità infantile: in molto paesi ad essere affetto da obesità grave è un bambino su 4, e i livelli più elevati di obesità si registrano nell’Europa meridionale, soprattutto tra i maschietti. Secondo le ultime statistiche in Italia la prevalenza complessiva di sovrappeso, obesità e obesità grave nei bambini tra 6 e 9 anni è intorno al 43 per cento. Peggio di noi stanno solo Spagna (circa 44 per cento) e Grecia (circa 48 per cento).
Un’indagine realizzata in Italia nel 2016 da ‘OKkio alla salute’ (‘Sistema di Sorveglianza nazionale sullo stato ponderale e i comportamenti a rischio nei bambini’ dell’Istituto Superiore di Sanità) tra i bambini di 8-9 anni, ha registrato una prevalenza di sovrappeso e obesità più elevata al Centro-Sud. A guidare la classifica delle regioni meno virtuose c’è la Campania, dove il 26,2 per cento dei bambini in questa fascia d’età è in sovrappeso, il 13,22 per cento è obeso e il 4,7 per cento è affetto da obesità grave. Nella parte alta di questa preoccupante classifica si collocano anche Calabria, Molise, Basilicata, Sicilia, Puglia, Lazio, Abbruzzo e Marche. La media italiana rivela che il 21,3 per cento dei bambini è in sovrappeso, il 7,2 per cento obeso e l’1,2 per cento affetto da obesità grave. Alla luce di questi dati epidemiologici relativi all’obesità in età infantile e ’precoce’ adolescenziale edal possibile legame causale tra obesità e carcinoma del colon retto al di sotto dei 50 anni di età è fondamentale puntare su programmi di prevenzione dell’obesità mirati ai giovani e ai giovanissimi.
E’ stato dimostrato che l’obesità severa è più comune nei bambini le cui madri hanno un livello di istruzione medio-basso rispetto a quelli con madri con un elevato livello di istruzione. Anche i bambini non allattati al seno per almeno 6 mesi hanno una prevalenza di sovrappeso/obesità molto maggiore di chi è stato allattato al seno (16,8 per cento contro il 9,3 per cento).
Obesità e sovrappeso che compaiono in età evolutiva adolescenziale tendono a persistere in età adulta e possono favorire la comparsa di patologie quali le malattie cardiovascolari, il diabete tipo 2 ed alcuni tumori, tra cui il cancro del colon-retto. Considerati i danni alla salute a breve e lungo termine causati dall’obesità, sono auspicabili strategie volte a prevenire l’obesità inclusi programmi e iniziative nei bambini e giovani che aiutino ad effettuare scelte salutari. Nel caso di obesità grave bisogna garantire anche i servizi per aiutare questi bambini e le loro famiglie a contrastarla.
Secondo il presidente della Sige professor Domenico Alvaro “a scendere in campo per queste iniziative devono essere non solo le società scientifiche ma anche le scuole, dove sono diventanti improcrastinabili programmi educazionali volti ad insegnare ai nostri bambini ed adolescenti i corretti stili di vita oltre che le nozioni basilari di come si possono prevenire malattie ad alto impatto sociale”.
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