Il gioco del calcio è uno dei più amati e seguiti degli ultimi anni: fila di appassionati si radunano per assistere alle partite, dal vivo nelle tribune o tramite uno schermo. Il calcio tiene uniti, è passione comune che tramuta in un comune obiettivo: sostenere la propria squadra del cuore, al di là delle vittorie o delle sconfitte che essa può subire. Nicola Ludwig, fisico e ricercatore all’Università Statale di Milano, si è ritagliato un ruolo da esperto in materia di fisica applicata al calcio, trattandolo quindi dal punto di vista scientifico. Ecco quindi i 3 motivi fondamentali per cui anche il calcio è una scienza.
1. Il pallone
La palla à una figura geometrica scoperta da Archimede, l’icosaendro e quindi non può essere considerata una sfera. Nei Campionati del Mondo disputati in Messico, dal 1970, fece la sua comparsa il Telstar. Da quel momento, dunque, si è attuata una notevole e continua evoluzione sull’attrezzo, nell’ideale comune di ottenere una sfera perfetta. Ecco quindi che possiamo fare riferimento al Mondiale del Sudafrica nel 2019, nei quali è stato utilizzato il Jabulani, un oggetto quanto più sferico possibile.
Tuttavia, se all’inizio questa era sembrata una grande innovazione “scientifica”, in seguito si videro i risvolti negativi dell’utilizzo di questa (quasi) sfera: le traiettorie erano imprevedibili, i calciatori (in particolar modo i portieri) si lamentarono molto e si scelse in questo modo di rendere il pallone un po’ più imperfetto dal punto di vista geometrico – ma migliore da quello balistico – inserendo delle micro-zigrinature che ne aumentassero la stabilità. Se si fa un raffronto con il tennis, ad esempio, i peli e le ammaccature della sua pallina contribuiscono a conferirgli quel moto turbolento utile alla prevedibilità della traiettoria.
Nel calcio, tuttavia, si pensava che, riuscendo a rendere il pallone perfettamente sferico, si sarebbe entrati in una fase nuova e migliore del gioco. Ma non andò così e l’evoluzione successiva allo Jabulani – l’Adidas Finale 11 – accentuò le zigrinature ritornando a forme che rimandano di più all’icosaedro. Quindi, il pallone da calcio non è altro che un’eredità di Archimede, uno dei più grandi scienziati e matematici della storia.
2. Il portiere
Il portiere, colui che “difende” la porta da attacchi esterni della squadra avversaria, deve covare in sè soprattutto una qualità: i riflessi. Se il tempo di reazione umano medio intercorre è tra i 50 e i 70 millisecondi, il portiere reagisce in 30. E, un’altra caratteristica importante è che compie gesti umanamente inconcepibili come lanciarsi a massima potenza verso un palo di ferro.
Molti sono convinti che sia impossibile paragonare dei semplici movimenti alla scienza, ma il tempo di risposta di un umano non è altro che il risultato di un intervallo di tempo tra il momento in cui l’apparato nervoso viene sottoposto ad uno stimolo e il momento in cui si realizza la risposta dell’organismo a tale stimolo, in seguito all’elaborazione dell’informazione da parte del cervello. Per suo conto, il tempo di risposta è formato da due contributi:
–tempo di movimento
–tempo di reazione, l’intervallo di tempo che intercorre tra il momento in cui il cervello rappresenta uno stimolo sensoriale e il momento in cui avviene la conseguente risposta comportamentale. Si parla, dunque, si movimenti oculari, risposta vocale, pressione di un pulsante o altri comportamenti osservabili. In psicologia psicometrica, il tempo di reazione viene visto come un indice della velocità di processamento delle informazioni da parte del cervello umano. Negli umani il tempo di risposta agli stimoli visivi è solitamente fra i 150 e i 300 millesimi di secondo.
Il portiere, dunque, con i suoi allenamenti particolari e specifici, abbatte questo “limite” umano, arrivando ad avere una risposta agli stimoli visivi e pratici più rapida rispetto ad un “comune” essere umano o giocatore in campo. Altra legge fisica, della quale è stata fatta una statistica importante, è quella che spiega perché – non solo a livello di regolamento – è meglio se durante la rincorsa del calcio di rigore il portiere resti immobile a centroporta: perché para più del doppio di tiri rispetto ad anticipare il tuffo (33 per cento contro 15 per cento). La sua reattività “inumana” gli permette, nel tempo in cui la palla va dal dischetto in porta (mezzo secondo), di comprendere la direzione in 30 centesimi di secondo, e di volare in uno dei due lati nei restanti 20.
3. Colpi di testa
Per spiegare i colpi di testa dati durante una partita di calcio, bisogna spiegare la Teoria degli Urti. La testa, essendo dieci volte più densa rispetto alla palla, il paragone è di quest’ultima che rimbalza contro un muro. Eppure, se il giocatore è in movimento o nel bel mezzo di un tuffo, rappresenta una sorta di “muro che si sposta” e, dunque, l’impatto può accelerare la velocità del rimbalzo. Velocità, massa, densità dei corpi sono variabili che consentono di comprendere anche l’entità degli urti non regolamentari.
“La celebre testata di Zidane a Materazzi nel corso della finale dei Mondiali 2006, ha avuto una forza pari a 160 kg nel suo impatto con il petto del difensore azzurro. Ma secondo me Materazzi un pochino ha simulato. 160 kg sembrano tanti ma conta anche la velocità dell’impatto e la durata: contasse solo il peso i proiettili non farebbero alcun male, pesano solo 9 grammi”
Ha detto Ludwig, sorridendo.