Diabetologa: per il 46% dei pazienti una o più ipoglicemie al mese

"Diversi studi hanno documentato che la preoccupazione legata alla possibile comparsa di ipoglicemie possa portare a una eccessiva cautela"
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Per coloro che sono in terapia insulinica, l’ipoglicemia rappresenta una vera e propria sfida, tant’è che il 46,5% riporta uno o più episodi in un mese. Diversi studi hanno documentato che la preoccupazione legata alla possibile comparsa di ipoglicemie possa portare a una eccessiva cautela nell’evitare oscillazioni glicemiche, mettendo a rischio il buon compenso del diabete“. Lo ha affermato Simona Frontoni, diabetologa dell’ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina e professoressa di Endocrinologia all’Università Tor Vergata di Roma, oggi a Barcellona nel corso di un incontro sul tema delle ipoglicemie organizzato in occasione del congresso dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd).
Questa paura – prosegue l’esperta – può infatti portare la persona con diabete ad aumentare volontariamente l’assunzione di cibo o modificare la dose di insulina“. I sintomi iniziali dell’ipoglicemia, spiega il medico, “sono leggeri: irritabilità, nervosismo, obnubilamento; si può arrivare però fino a situazioni più avanzate come perdita di coscienza, incapacità di deglutire. Noi cerchiamo di insegnare ai pazienti la ‘regola del 15’: il paziente deve sapere che quando trova un valore di glicemia inferiore a 70 deve assumere 15 grammi di zuccheri, dopo 15 minuti deve controllare e se il valore non è risalito deve assumere altri 15 grammi di zuccheri, finché non si rientra nei limiti. Una semplice regola per il paziente e per la famiglia, perché nei casi più gravi bisogna attivare un intervento che solo i medici possono eseguire“.
Le informazioni raccolte dallo studio Talk-Hypo, tema al centro dell’incontro a Barcellona, che ha mostrato il ‘peso’ degli eventi avversi del diabete sui pazienti e sulle famiglie, “possono rappresentare una risorsa importante anche per gli operatori sanitari. È infatti emerso che, attraverso conversazioni tra operatori sanitari e familiari, è possibile ridurre l’onere e il rischio di ipoglicemia, come anche dichiarato da 9 intervistati su 10, confermando l’importanza di coinvolgere i membri della famiglia nella gestione del diabete“.
Frontoni ha infine messo l’accento sull’importanza di una corretta gestione farmacologica dei pazienti: “Esistono medicinali innovativi, ma che in alcuni casi hanno ormai già alcuni anni, che consentono di ridurre o azzerare il rischio di episodi ipoglicemici (non agendo sulla secrezione insulinica, ma riorganizzando l’attività della beta-cellula pancreatica ricreando una risposta fisiologica all’insulina, oppure raggiungendo una concentrazione stabile senza picchi) ma che sono ancora oggi sotto-utilizzati“.
Un problema soprattutto “di costi e di ‘paletti’ di utilizzo imposti dall’Aifa“, ma anche “culturale, da parte degli specialisti delle varie branche, e di inerzia, perché c’è difficoltà fra i medici a iniziare nuova terapia. Sulle limitazioni prescrittive bisogna lavorare, ma se il diabetologo non è convinto della bontà delle nuove classi farmacologiche e della necessità di abbandonarne alcune altre, non andremo lontano“.

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