Equinozio 2019: quando inizia l’Autunno? Perché non è oggi 21 Settembre? Tante curiosità, miti e leggende

Equinozio, l'Autunno non inizia il 21 Settembre 2019: ecco il motivo, tante curiosità, miti e leggende sulla stagione in arrivo
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Nonostante quel che si ritiene comunemente, le stagioni astronomiche non iniziano sempre il giorno 21 (che sia settembre, dicembre, marzo e giugno), ed infatti l’equinozio, il primo giorno d’autunno, quest’anno cade il 23 settembre, alle 07:50 UTC, 09:50 ora italiana.

Generalmente l’equinozio di autunno si verifica tra il 21 e il 24 settembre, sempre in orari diversi. La variazione del momento in cui avviene è causato dalla diversa durata dell’anno solare e di quello del calendario: il pianeta ci mette 365.25 giorni effettuare un’orbita attorno al Sole. Per tale ragione l’autunno può anche “ritardare”.

La data, che per chi vive nell’emisfero meridionale segna l’inizio della primavera, non è sempre uguale, ma oscilla tra il 21 e il 24 settembre, a causa dell’introduzione di un giorno ogni 4 anni nell’anno bisestile, che può farla slittare anche di molte ore. Generalmente comunque l’equinozio d’autunno si verifica il 22 e il 23 settembre e molto raramente il 21 e il 24.

Il prossimo equinozio autunnale cadrà il 21 settembre solo nel 2092 e nel 2096.  L’ultima volta che si è verificato il 24 settembre invece è stato nel 1931, mentre la prossima volta sarà nel 2303.

Cos’è l’equinozio?

Il termine equinozio deriva dal latino “equi-noctis” e significa “notte uguale” al giorno: nonostante tale origine, in realtà gli effetti della rifrazione atmosferica, il semidiametro del Sole e la parallasse solare, fanno sì che negli equinozi la lunghezza del giorno sia maggiore di quella della notte.

L’equinozio è quel momento della rivoluzione terrestre intorno al Sole in cui la nostra stella maggiore si trova allo zenit dell’equatore. Nell’emisfero boreale vedremo il Sole scendere sull’orizzonte mentre nell’emisfero australe sale sull’orizzonte. Gli equinozi avvengono due volte l’anno, ogni sei mesi, a marzo e a settembre, e sono convenzionalmente assunti come momento di avvicendamento delle stagioni astronomiche sulla Terra: per l’Italia e per tutto l’emisfero boreale, l’equinozio di settembre segna la fine dell’estate e introduce l’autunno, mentre l’equinozio di marzo chiude la porta all’inverno e fa scattare l’inizio della primavera. Nell’emisfero australe, invece, avviene l’esatto contrario: l’equinozio di settembre annuncia la primavera mentre quello di marzo segna l’inizio dell’autunno.

Nel nostro emisfero il Sole raggiungerà la sua massima ‘discesa’ sull’orizzonte il 21 dicembre, quando cambieremo nuovamente stagione e arriverà l’inverno, nel giorno più corto dell’anno, il solstizio d’inverno.

Equinozio d’Autunno 2019: perché arriva “in ritardo”?

Media INAF, il notiziario online dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, ha chiesto ad Andrea Longobardo, astronomo dell’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali dell’Inaf di Roma, il perché di questo ritardo: «Se l’asse terrestre fosse perpendicolare al piano orbitale, noi avremmo per tutto l’anno il giorno uguale alla notte, e quindi non ci sarebbero le stagioni. Poiché l’asse è inclinato sul piano orbitale, i raggi sono perpendicolari all’asse terrestre solo due volte l’anno, in due punti opposti dell’orbita. Uno è l’equinozio di primavera, l’altro è l’equinozio di autunno che dovrebbe avvenire esattamente sei mesi dopo. In realtà, poiché nei mesi estivi la Terra è più lenta nel suo moto di rivoluzione, l’equinozio d’autunno ritarda un po’ e giunge il 23 settembre». Insomma, il ritardo non è dovuto a una Terra semplicemente più pigra nella seconda metà dell’anno, ma al suo moto di rivoluzione intorno al Sole che, come spiegato dalla seconda legge di Keplero, risulta leggermente più lento in prossimità dell’afelio terrestre, il punto della sua orbita in cui la Terra dista maggiormente dal Sole, posizione che il nostro pianeta ha occupato a luglio.

Durante l’equinozio autunnale, nel suo moto apparente, il Sole scende dall’emisfero celeste boreale verso quello australe, in cui rimarrà fino al successivo equinozio, quando risalirà oltre l’equatore celeste.

Nonostante il nome equinozio, derivando da “notte uguale [al dì]”, sembri indicare una giornata in cui il numero di ore di luce e quelle di buio siano esattamente identiche, non è così: in particolare, il giorno in cui si ha questo fenomeno non è quello in cui avviene l’equinozio, ma uno in sua prossimità. Il giorno esatto in cui il dì e la notte hanno la stessa durata dipende dalla latitudine cui ci troviamo. Alle latitudini italiane, in particolare, la parità tra giorno e notte avverrà il 25 settembre sopra al 40° parallelo e il giorno seguente al di sotto dello stesso.

Autunno: perché si chiama così questa stagione dell’anno?

L’origine si fa risalire al participio passato del verbo latino augere”. Augere, che significa “aumentare”, “arricchire”, diventa – con il suo participio passato – “auctus”, a cui è stata associata la desinenza -mnus. Da qui autumnus, da cui poi tutte le lingue neolatine hanno tratto il nome della terza stagione dell’anno (Otoño in spagnolo, Automne in francese, Outono in portoghese, ed anche in inglese si dice Autumn – mentre negli Stati Uniti è più comune il termine “Fall”).

Significato simbolico, miti e leggende

Sia solstizi che equinozi hanno un importante significato simbolico in molte culture del passato, ancora oggi molti appassionati si incontrano agli equinozi attorno alle rovine di Stonehenge, e continuano ad avere un ruolo fondamentale nel calendario. Le piccole discrepanze tra la durata dell’anno scandita dai calendari e l’effettiva durata dell’anno astronomico hanno fatto si’ che il giorno degli equinozi non sia sempre stata la stessa. Prima dell’introduzione del calendario gregoriano, nel 1582, si era verificato un graduale slittamento e l’equinozio d’autunno cadeva circa 10 giorni dopo la data formale. Per recuperare la discrepanza accumulatasi nel tempo vennero eliminati i giorni in eccesso si stabilì di eliminare 10 giorni dal calendario, ossia che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre.

Alcuni miti connessi all’evento sono duri da sfatare: ad esempio si ripete spesso che la regione artica, nel corso dell’anno, vive sei mesi di luce e sei mesi di buio. Cosa che che libri, articoli e guide turistiche continuano a riportare, attribuendo al termine “notte”, il significato di “presenza del Sole sotto l’orizzonte”: in realtà quando il Sole scende sotto la linea dell’orizzonte, quel che osserviamo è il crepuscolo. Ogni volta che il bordo più alto del Sole è inferiore a 18 gradi sotto l’orizzonte, si verifica il limite del crepuscolo astronomico, oltre al quale ne esistono altri due tipi: quello civile, che si verifica quando il Sole è sotto di 6°, e quello nautico, ossia quando la nostra stella scende a 12 gradi sotto l’orizzonte. Il momento in cui sono necessari i fari artificiali, coincide con la fine del crepuscolo. Questa fase interessa il Polo Nord sino ad ottobre, per cui siamo ben lontani dal definire questo periodo come “buio totale”.

LaPresse/PA

L’equinozio di settembre per molti anni ha rappresentato anche il primo giorno dell’anno nel calendario repubblicano francese, che venne usato dal 1793 al 1805. Nel Regno Unito il giorno dell’equinozio viene utilizzato per calcolare la ricorrenza del festival del raccolto, celebrato la domenica della luna piena più vicina all’equinozio di settembre. Tuttavia è il paganesimo e l’esoterismo a trovare, ancor oggi, nel giorno dell’equinozio, un punto di riferimento. Dal punto di vista astrologico, questi sono gli ultimi giorni in cui le forze si bilanciano, mentre a seguire l’oscurità vincerà per i successivi sei mesi sulla luce. Nella tradizione iniziatica, questo momento rappresenta un passaggio, un tempo per meditare, durante il quale la separazione tra ciò che è visibile e ciò che invisibile tende a diventare sempre più sottile. Diversi anche i miti, soprattutto celtici, che si legano a questa giornata: l’equinozio autunnale veniva festeggiato con il nome di Mabon, il dio della vegetazione e dei raccolti. Indicato col nome di Maponus nelle iscrizioni romano-britanne, è figlio di Modron lsa, dea madre: rapito tre notti dopo la sua nascita, venne imprigionato per lunghi anni fino al giorno in cui venne liberato da Culhwch, cugino di Re Artù. A causa del soggiorno ad Annwn, Mabon rimase giovane per sempre. Il suo rapimento è quindi l’equivalente celtico del rapimento greco di Persefone. Nell’antica Grecia invece si celebravano i grandi misteri elusini, riti misterici che rievocavano suddetto rapimento di Persefone, figlia della dea Demetra, che regolava i cicli vitali della terra, condotta agli inferi dal dio Ade che ne fece la sua sposa: la leggenda racconta che Demetra, come segno di lutto e fin quando non riebbe sua figlia, impedì il germogliare delle sementi e delle piante e rese sterile la terra.

Il mito si interseca quindi con la realtà e con i ritmi vitali dell’uomo, che nonostante la tecnologia, continuano ad essere intimamente legati con l’ancora, per certi versi, misterioso movimento degli astri.

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